addia_chiusura_2015In queste settimane di emergenza Coronavirus, la maggior parte delle persone, si è chiesta quando finirà tutto questo e, soprattutto, quando si ritornerà alla normalità.

Il coronavirus, protraendosi a lungo termine, cambierà in maniera radicale il nostro modo di vivere: il modo in cui si uscirà per socializzare, fare le passeggiate, andare a lavorare, fare sport, fare la spesa nei centri commerciali e tutte quelle attività che oggi, a causa della pandemia, sono fortemente limitate.

 Il mondo sta cercando di fronteggiare questa pandemia, per evitare i contagi, attraverso l’isolamento totale, più comunemente chiamato “quarantena”. Presumo, purtroppo, sia questo qualcosa di palliativo e poco risolutivo, finché non si troverà un vaccino che possa evitare, in toto, il contagio. Ed anche per questo motivo, mi sembra difficile, un ritorno alla normalità in tempi brevi. Certamente, le conseguenze maggiori si avranno per tutte quelle categorie o attività lavorative che prevedono momenti di socializzazione e ritrovo, nello specifico: bar, cinema, teatri, ristoranti, sale da ballo, palestre, campi di calcio in cui si assiste a gare sportive e canore, viaggi, scuole e via dicendo.

È difficile immaginare un mondo in cui detti locali potranno ospitare meno persone per rispettare la distanza di sicurezza ed evitare la folla.    

La nostra vita scorrerà ad un ritmo completamente diverso. Il virus, del resto, ci ha ricordato qualcosa che negavamo a noi stessi: la nostra fragilità, la morte, l’essere persone normali, non separati dal mondo e con la nostra “Umanità“ ed eccezionalità.

Tuttavia, sappiamo bene che il mondo è parte di una grande rete alla quale noi stessi apparteniamo, ne siamo responsabili gli uni per gli altri e viceversa; indipendentemente dal paese di provenienza, lingua parlata o colore della pelle, credo che tutti, indistintamente, abbiamo paura della morte.

Il Virus ci ha fatto capire, inoltre, che a prescindere da quanto ci si senta deboli o indifesi di fronte ai pericoli, ci sono intorno a noi persone ancora più deboli, che hanno bisogno di aiuto e a cui dobbiamo rivolgere tutta la nostra attenzione e considerazione.

Il Virus ci ha mostrato come la nostra frenetica vita possa mettere in pericolo questo mondo; ci ha mostrato la paura di fronte alla malattia; ci ha fatto tornare indietro da quella strada ingarbugliata, in cui ci eravamo impantanati e ci ha costretti al ritorno nel nostro nido, luogo sicuro, quale la nostra casa.   

Il Virus ci ha ricordato che i confini esistono ma, nello stesso tempo, ci mette davanti l’altra verità: quanto, cioè, non siamo uguali. Alcuni di noi volano in aerei privati, stanno isolati nel bosco; altri rimangono in città per lavorare e dare la sicurezza dei servizi necessari alla popolazione e, quindi, tutto ciò che concerne Centrali Elettriche, Acquedotti, Trasporti, ecc… Altri rischiano la salute lavorando negli Ospedali, nei negozi e Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza, Corpo di Polizia Penitenziaria, Polizia Locale, FF.AA).

Alcuni guadagneranno con l’epidemia; altri perderanno i risparmi di una vita intera. Arriverà la crisi e comprometterà quelle regole che ci sembravano stabili; molti paesi non riusciranno a gestirla e, di fronte alla loro decomposizione, si risveglieranno nuovi ordini, come spesso accade dopo.

Rimaniamo in casa, leggiamo libri, ascoltiamo musica, guardiamo la televisione, impariamo a cucinare e fare le faccende di casa aiutando la moglie ma, in verità, ci stiamo preparando a quella difficile realtà di ritorno alla normalità che noi stessi non siamo neanche in grado di immaginare, comprendendo lentamente che niente sarà come prima.

 Una cosa molto preoccupante nella situazione della quarantena obbligatoria è l’acquartieramento della famiglia all’interno della casa, quei legami matrimoniali che si sono allentati nel tempo. Si uscirà dalla quarantena dipendenti da Internet e, molti di noi, comprenderanno l’inutilità e la sterilità della situazione nella quale meccanicamente e, per inerzia, rimaniamo bloccati. Il fatto preoccupante di questa quarantena potrebbe essere l’aumento del numero degli omicidi, suicidi e malattie mentali.  

Ritengo che in questi tempi difficili, la Fede in Dio, spinge ognuno di noi a rivolgere appelli di non farci prendere dal panico. Sappiamo bene che cure e medicina sono importanti, ma la Fede potrebbe aiutarci a superare questi momenti difficili.

 Il Santo Padre, papa Francesco, nella sua grande paternità e fede in Gesù Cristo, ci ha incoraggiati, lanciandoci continuamente messaggi di estrema concretezza evangelica; ricordandoci che siamo “tutti sulla stessa barca”.

Cosa è maturato in me con il coronavirus e la quarantena?

Certamente il coronavirus incide sulla psicologia e su tutti gli aspetti della vita.

La mia quarantena, isolato da figlie, nipoti e amici ha interrotto le abitudini quotidiane. Durante i giorni di isolamento, normalmente, si accumulano ansie, preoccupazioni paure, ma l’ho vissuta e continuo a viverla serenamente, con Fede, capendone anche le motivazioni.

La preghiera, “intesa quale colloquio silenzioso con Colui di cui sono certo di essere amato” mi mette davanti a Gesù Cristo e il suo Spirito che mi illumina con il suo infinito amore, che mi aiuta e sostiene.

Per evitare disagi di tipo psicologico, ho sperimentato una forma di comunicazione chiamandola “Il telefono amico“. Per poter dialogare con la famiglia: figli, nipoti, amici e Unitrini, ogni giorno chiamo telefonicamente e li intrattengo in discorsi vari.

Nel contempo invio ai vari gruppi della nostra UNITRE, gruppo Corale e gruppo Ricreativo, dei motivi musicali, tramite Whatsapp. Questa iniziativa è stata molto gradita e apprezzata.

Ho fatto anche delle telefonate alle case di riposo per anziani dove settimanalmente facevo loro visita, per chiedere informazioni sul loro stato di salute e per portare, anche se virtuale, il mio sostegno e il mio abbraccio. 

Da un lato è una cosa positiva, per darci conforto e coraggio, ma è sempre qualcosa di virtuale. Mi manca il loro contatto umano: lo sguardo, gli abbracci e i sorrisi, le battute gioiose che ci accomunano tutti dando un senso alla nostra vita.

Carmelo Addia


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