fra_cannavaPubblichiamo una Sintesi della relazione del Dr. Francesco Cannavà alla 4° Tavola Rotonda di giovedì 7 marzo 2013, dal tema "La dimensione dell’uomo nella città a dimensione d’uomo”.

Nella realizzazione di una città a dimensione d’uomo, ideale abitativo del cittadino della moderna Urbe, occorre far riferimento alle dimensioni dell’uomo che dovrà vivere la città.

Ma quali sono le dimensioni dell’uomo – cittadino? Di quale modello di uomo si parla? Sotto il profilo antropologico l’esponente della razza umana necessita di spazzi vitali direttamente correlati ai bisogni primari dell’essere umano, via via resi complessi, nel corso della storia, dall’allargamento del gruppo di riferimento e dallo sviluppo tecnologico.

Per sapere di che spazzi ha bisogno l’uomo, basta capire cosa fa. Cioè a quali bisogni risponde: mangia, dorme, evacua, si riproduce, mantiene contatti sociali, lavora, muore.

tav_rot_4_2013_10Nel corso della storia l’uomo è passato dall’albero, alla caverna, alla capanna, al villaggio in pietra, poi fortificato, alla città, alla metropoli. Lo spazio attorno all’uomo si espanso a dismisura, fino poi a regredire inseguendo il senso di appartenenza, al quartiere, al cortile, al palazzo e nuovamente alla casa, ambiente primario.

Ma l’individuo preso in considerazione oggi è il cittadino, non il semplice umano. Già l’umano ha, tra i suoi bisogni fondamentali, la relazione con l’altro e preso atto di tale necessità gli uomini hanno creato spazi e dimensioni, nei posti in cui vivono, che sono funzionali all’espressione di tale bisogno. Non è possibile immaginare una città, un borgo, un paese senza una piazza.

È nella piazza, l’Agorà di ellenica memoria, che nasce veramente il cittadino, attraverso l’incontro, lo scambio, la relazione con l’altro. Dove si esprime il conflitto e si trova l’accordo. Dove si apprende e si insegna. Dove ogni generazione trova il proprio spazio funzionale.tav_rot_4_2013_11

Entriamo quindi in una sottodimensione dell’uomo: la dimensione esistenziale, che integra le necessità vitali dell’uomo, la sussistenza con quelle ben più alte dell’esistenza. Dall’ESSERE al BENESSERE (o al MALESSERE…).

L’uomo non è solo istinto animale ma intelletto, introspezione, comunicazione, espressione, regole, condivisione, celebrazione.

Gli spazi per vivere diventano spazi per essere. Emergono nuovi concetti sociali come aggregazione e privacy.

Ma ogni tipo di relazione necessita di uno spazio che segua regole precise associate ai comportamenti che quella relazione prevede.

Più la relazione è intima, ad esempio, più lo spazio si riduce, come a contenerla, proteggerla.

Guai ad avere stanze da letto enormi, caotiche, e dai colori sgargianti. L’intimità si sussurra. Le emozioni più tenere, destabilizzanti, vanno bisbigliate alla distanza di contatto fisico perché sarà quello a contenere l’anima di chi si confida.

Viceversa più la relazione si fa superficiale e allargata più lo spazio cresce. La piazza moderna. Le moderne arene.

Dal Colosseo si è giunti  agli stadi, dai teatri ai cinema multisala nei centri commerciali.

Già i romani avevano riconosciuto, millenni prima di Freud e Jung, l’esistenza e la potenza distruttiva dell’istinto umano. Il thanatos che lasciavano sfogare nelle arene ove pochi si sfidavano a morte e in migliaia scaricavano adrenalina sugli spalti.

Oggi invece assistiamo spesso ad un’inversione di ruoli nelle moderne arene, dove in ventidue si sfidano a suon di pallonate e in centinaia si minacciano e si scontrano sugli spalti.

Non è cambiato l’istinto dell’uomo, ma la maniera di contenerlo, di reprimerlo o peggio di negarlo!

Dobbiamo essere consapevoli che così come l’uomo crea lo spazio in cui vive, allo stesso modo lo spazio condiziona l’uomo.

E così lo svuotarsi delle piazze e dei cortili, per migrare sulla piazza multimediale di internet, nell’illuderci di portare il mondo delle nostre relazioni in una mano, per chi utilizza uno smart phon, riduce il nostro spazio esistenziale a pochi “pollici”.

tav_rot_4_2013_12Quando si passa dalla discussione al bar dello sport, al mi piace di Facebook per esprimere un’opinione, la velocità del clic sul mouse non consente un reale confronto e quindi non sprona alla riflessione, tipica del conflitto, che infatti non si sa più gestire.

Si creano così opinioni superficiali e spesso ignoranti.

Quando la “comitiva” si trasforma nel gruppo di facebook, ci si può ritrovare a vantarsi da soli nella propria stanzetta dei duecento amici sparsi in tutto il mondo… senza aver nessuno con cui condividere una vera pizza…

Quando si passa dalla guerra tra ragazzi con i gavettoni per le strade, alle simulazioni dei giochi di guerra in rete, qualunque soluzione geniale è già stata pensata dal programmatore del gioco…

Quando lo spazio fisico viene abbandonato e diventa cibernetico, si uccide il genio, si rende muta al cervello la lingua dei gesti e dello sguardo. Si torna su un albero… virtuale!

Tav_rot_4_2013_6Lo sviluppo cognitivo e delle competenze necessitano di luoghi adatti a quelle esperienze formative che le creano e le affinano: la strada, la piazza, la scuola, il bar, i giardini pubblici e i luoghi storici, che in piedi da secoli ci ricordino da dove veniamo e soprattutto che nel nostro breve transito dobbiamo lasciare qualcosa della nostra esperienza a chi verrà dopo.

Quando si abbandonano i luoghi fisici della città, questi sottostanno alla regola della natura, che se ne riappropria. Ma prima questi luoghi funzionali attraversano la triste fase del degrado, che oggi appare evidente nella nostra Augusta.

Se è vero che l’uomo è condizionato dal posto in cui vive allora anche dentro di noi inizia il degrado, quello emotivo, da cui dipende il malessere, l’angoscia, l’ansia, lo stress.

Nella città a dimensione d’uomo, se è l’uomo felice quello a cui miriamo, occorre lottare contro il degrado ed attivare progetti di ripopolamento delle aree funzionali urbane, rigettando l’illusione potercene disinteressare, o peggio, di poterle salvare davanti alla tastiera di un computer.

Francesco Cannavà



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