Cannava_0Giovedì 8 novembre, ho avuto l’onore ed il privilegio di “aprire” il ciclo di dotte comunicazioni dell’anno accademico 2012-2013 dell’UNI 3 di Augusta, con una comunicazione nè dotta e né scientifica. Anzi, inusuale.

 

Volontariato professionale in Madagascar di Salvo Cannavà

Infatti, di concerto col nostro acuto Presidente Dott. Pippo Caramagno, ho voluto presentare un reportage fotografico sull’aspetto umano e sociale dell’esperienza professionale e non solo, da me maturata nel corso della missione umanitaria che mi ha portato, per un intero mese, a cavallo tra fine maggio e fine giugno 2012, in Madagascar.

madascar_1A riprova di come, volendo, si possa svolgere la propria professione in qualunque angolo del mondo, seppur in assenza di strumentazioni sofisiticatissime. Adoperando solo quelle portatili, la propria esperienza e tanta buona volontà e spirito di adattamento.

L’anno accademico scorso il life motiv dell’UNI 3 di Augusta è stato “l’Uomo”. Quello di quest’anno, come abbiamo sentito all’apertura del nuovo anno accademico, sarà “la Città (vissuta dall’Uomo)”. Sotto l’aspetto umano, sociale, emozionale, solidale, e via dicendo.

madascar_2Questa la lente caleidoscopica attraverso la quale ho cercato, ieri sera, di presentare alcune mie elucubrazioni cerebrali su immagini: ora panoramicamente amene e rilassanti, ora crudamente shoccanti. In un contrastato connubio tra bello e brutto, tra bene e male. Inesorabilmente ed indissolubilmente “reale”.

Utile a farci pensare e riconsiderare meglio la nostra condizione sociale; i nostri agi occidentali; la nostra libertà di espressione, ….. i capricci dei nostri bambini, e così via.

Le prime immagini hanno presentato un Madagascar idilliaco. Quello visto e vissuto dal turista che approda nei vari villaggi turistici della costa e delle isole malgasce.

madascar_3Poi, lentamente, sono state presentate le immagini dei luoghi impervi dove abbiamo realizzato la nostra “Mission” di Optometristi e di Psicologo formatore degli Operatori laici e religiosi che si prendono cura di bambini molto meno fortunati dei nostri.

Qui da noi, ci spostiamo in auto in autostrada e ci rifocilliamo agli autogrill. Nello zone da noi frequentate, le strade sono delle piste in terra battuta, periodicamente distrutte dalle piogge e gli autogrill sono poveri banchetti che propongono al viandante frutta, miele o una specie di rum, tutto in condizioni igieniche allucinanti ….

Allo splendore della natura fa da contrappunto una povertà inimmaginabile. Ma la cosa che ci ha colpiti è stata la dignità di questo Popolo ed il perenne sorriso dei bambini.

Lo squallore dei villaggi ed i fantasmagorici colori degli scialli in cui si avvolgono donne ed uomini di tutte le età.

Abbiamo presentato l’Ospedale italiano di Nosi Be, isoletta a nord del Madagascar, ed il lavoro di realizzazione della sala per gli esami visivi effettuato da me e dai miei tre colleghi, compagni di questa e di altre avventure.

Abbiamo sorriso su come si pesca in Madagascar, con piroghe a remi od a vela, come da noi secoli fa. E’ stata presentata la natura incontaminata e quella fatta scempio dai deforestatori abusivi, corruttori dei gendarmi locali, ed i villaggi, sperduti in lande desolate, a ridosso di montagne o di risaie.

Ci siamo idealmente incamminati lungo sentieri e foreste, incontrando mega zanzare, serpenti, lemuri, coccodrilli ed altri animali selvatici, in aree endemiche per lebbra, tubercolosi, aids, malaria, tifo, ecc. Tutte patologie che possono ledere anche il sistema visivo.

Da qui, l’esigenza di raggiungere capanne o villaggi isolati, per poter portare medicinali, ausili per la visione, effettuare medicazioni, consegnare riso e latte in polvere e altri generi di prima necessità, stipati nei nostri zaini.

Alcune foto hanno proposto una potenziale fonte di sostentamento: l’artigianato etnico, con in testa il ricamo. Purtroppo poco considerato e sfruttato da europei e locali senza scrupoli.

I bambini sono stati il filo di arianna del nostro viaggio sentimental fotografico.Il loro sorriso sempre presente, la loro spensieratezza e voglia di apprendere.

Curiosi quasi più dei loro lemuri (le scimmiette autoctone del Madagascar). Sempre pronti a farsi fotografare e curiosi di rivedersi nei monitor delle nostre fotocamere.

I bambini affetti da rachitismo, aids, denutrizione, malformazioni congenite o provocate traumaticamente da genitori ubriachi; ospiti dei centri di accoglienza e recupero sanitario retti da una infinità di ordini religiosi, italiani ed europei, tutti di estrema utilità.

La loro sofferenza, i loro bisogni, le loro aspettative di vita, non sempre rosee. Una umanità intrisa di speranze e voglia di riscatto. E’ stato meraviglioso vedere, sui volti di quei bambini, la fierezza di un popolo povero, ma sempre fiero, dignitoso e mai disperato. A tratti fatalista, ma mai domo.

La nostra missione, come documentato da alcune foto, ha riguardato anche l’assistenza in alcuni dispensari in aiuto ad ustionati, malati di cancro, denutriti al limite della sopravvivenza, ecc.

Qui, a volte, è bastata una parola in inglese verso i ricoverati stranieri che non parlavano il malgascio.

Abbiamo effettuato visite optometriche, in totale, da nord a zone sud occidentali, al centro, ed a est, su circa 1.500 malgasci, in prevalenza bambini.

Curando anche la formazione di personale indigeno, onde assicurare la continuità dei trattamenti di riabilitazione visiva e proseguire nelle indagini diagnostiche, anche dopo la nostra partenza.

La formazione psicologica, invece, ha riguardato l’indottrinamento sulle basilari norme comportamentali, di comunicazione con gli infermi e di autoprotezione psicologica.

Ed è stata particolarmente gratificante, anche se piuttosto faticosa, a causa delle barriere linguistiche.

Alcune foto hanno immortalato la vita nelle prigioni; che abbiamo visitato, distribuendo medicine, pane, riso, latte in polvere e generi di prima necessità. … Altro che l’italiano 41 bis ……

Ho mostrato qualcosa dei loro mercati, della commistione tra pollame vivo, quarti di carne, frutta, verdura, miele, spezie, montagne di pastasciutta, pesce secco e così via. Tutto rigorosamente in condizioni igienico sanitarie sempre inesistenti.

Il tempo, tiranno come sempre, mi ha impedito di presentare alcune altre foto, nelle quali si evidenziavano il contrasto tra la miseria più nera delle bidonville a ridosso della capitale e lo sfarzo di un albergo in fase di ultimazione, che sarà tra i più lussuosi del mondo.

Uno degli scopi che mi ero prefissato nel presentare questa mia toccante esperienza di vita, che ho voluto condividere coi miei “Amici” Unitrini, era anche quello di cercare di far comprendere le scelte, le angosce dei migranti.

Dei cosiddetti extracomunitari che sbarcano sulle nostre coste e che non sempre accogliamo, comprendiamo ed accudiamo come dovremmo. Illustrare da che luoghi provengono, da cosa fuggono, forse, può aiutarci a immedesimarci meglio nel loro vissuto ed averne maggiore considerazione.

Ma, spero sia servito anche ad avere maggiore rispetto della nostra condizione umana, per prevenire quel degrado urbano, sociale e morale verso cui, temo, stiamo scivolando. Rischiando di lasciare ai nostri nipoti un mondo peggiore di quello vissuto dai “miei” bimbi malgasci.

Salvo Cannavà