Carrabino_arg_sacraSi è tenuta lunedì 8 Gennaio la prima delle due lezioni nell’ambito del ciclo di incontri su “Storia e tradizioni del territorio” che ha visto relatore Giuseppe Carrabino, cultore di storia e tradizioni locali e veterano dei docenti UNITRE.

Il tema della lezione “Splendori della fede – Argenteria Sacra nelle Chiese di Augusta” ha permesso ai soci di apprezzare – sia pur virtualmente – l’immensa varietà del patrimonio delle cosiddette “arti minori” e in particolare un settore specifico quale quello dell’Argenteria sacra custodita nelle chiese della città.

Opere già conosciute, altre inedite e rivelate grazie a recenti scoperte, o poco note al pubblico perché conservate – nel migliore dei casi - gelosamente in vecchi armadi di sacrestia, o purtroppo andate perdute per noncuranza o comunque scarsa attenzione o disinvolta esposizione.

Nonostante le vicissitudini storiche la città può vantare una significativa collezione di ostensori, calici, pissidi, croci astili, reliquiari, turiboli che esprimono il sentire del popolo.

L’elenco dei pezzi che abbiamo avuto modo di esaminare, annotare e in molti casi fotografare, ci permette di collocare la collezione in uno specifico periodo storico.

La maggior parte degli arredi in argento delle chiese di Augusta recano una data successiva al terremoto del 1693 che determinò una serie di interventi ricostruttivi degli edifici e di tutto il patrimonio pertinente. I padri domenicani, carmelitani, francescani, osservanti, le monache benedettine, unitamente alle corporazioni e confraternite, si diedero un gran da fare per ricostruire gli edifici distrutti, commissionare nuovi arredi e parati, piviali, pianete, cappelle complete o ternari in broccato, damasco, ornati in oro e sete policrome, ma soprattutto candelieri in legno dorato, oltre a calici, pissidi, ostensori, reliquiari, turiboli, navette, leggii.

Un periodo, quello post terremoto che la città aveva già sperimentato in altre circostanze, atteso che non sono mai mancate invasioni, saccheggi, distruzioni e oppressioni. Storia antica e senza mai pause; non ultima la storia dei giorni nostri con furti o soprattutto con l’indifferenza che è la barbarie che accompagna spesso chi dovrebbe custodire con amore questa preziosa eredità.

La visita nelle varie sagrestie della nostra città ha suscitato continue meraviglie, meraviglie che si ripetevano di chiesa in chiesa e, come ripeteva nei decenni scorsi la nota studiosa Maria Accascina, la meraviglia alimentava sogni: un museo d’arte decorativa, grandi mostre, fotografie, cataloghi, restauri.

Lo studio e il censimento delle opere è stato avviato sul finire degli anni ottanta quasi alla vigilia di quell’altro sisma del 13 dicembre 1990. Ricordo – ha detto il relatore - che dopo le prime fotografie iniziai a consultare archivi, documenti, inventari. Utili quelli datati 1733 nel corso della sacra Visita di mons. Matteo Trigona redatti da alcune chiese della città; erano esentate dalla documentazione la chiesa Madre, la chiesa del monastero di Santa Caterina e le chiese annesse ai conventi maschili in quanto questi non erano sottoposti a Visita Pastorale. Tuttavia, anche per questi edifici siamo riusciti a reperire elenchi, riferimenti, citazioni, inventari che ci permettono di abbozzare un primo e concreto censimento delle opere pertinenti a ciascun luogo di culto.

La quasi totalità dei pezzi è riferibile al secolo XVIII e reca il punzone di zecca del consolato messinese e ciò potrebbe indurre a chiedersi il motivo per il quale Augusta commissionava i suoi argenti a Messina e non piuttosto ad un altro consolato.            

L’analisi degli arredi è basata sui contributi più importanti sull’ argenteria siciliana; dallo studio sui punzoni, il quale attraverso l’identificazione del <<punzone di zecca>> ha permesso di distinguere i consolati e le diverse maestranze che vi lavoravano.

Il punzone o bulla di garanzia, era costituita dallo stemma della città, dalle iniziali dell’argentiere e delle cifre riconducibili all’anno di realizzazione dell’opera. La soppressione delle corporazioni decretata da Ferdinando I il 23 Ottobre 1821, trovò già incrinata spiritualmente l’efficienza degli orafi e degli argentieri e segnò un colpo di arresto per tutto l’artigianato siciliano.

Ulteriore collasso si ebbe con la legge di soppressione dell’asse ecclesiastico con il venir meno della committenza degli ordini religiosi.

Dopo la necessaria premessa il relatore ha presentato una selezione di oltre cinquanta opere con l’ausilio di circa centossessanta fotografie che illustravano il pezzo unitamente ai particolari raffigurati e la punzonatura con le iniziali dell’argentiere, lo stemma della zecca e l’anno di realizzazione.

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Ostensori, pissidi, calici, navicelle, turiboli, croci astili, fermagli per piviali, gigli e palme a corredo di simulacri, aspersori e secchielli, cucchiai per la fonte battesimale, medaglioni confraternali, porticine e chiavi con sciarpa per tabernacoli, macchinette per la custodia e troni per l’esposizione eucaristica, ex voto, corone per simulacri e dipinti, bastoni a corredo di simulacri, puntali di sergentine o il baculo del canonico cantore della collegiata.

Pochi i pezzi seicenteschi e tra questi un braccio reliquiario contenente la reliquia del dente di San Domenico (1651), la chiesetta a corredo del simulacro del S.Patrono (1684) e un ostensorio gemmato (1697) attribuito ad Antonio Dominici argentiere e console di spicco all’interno del consolato messinese.

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Particolarmente corposo l’elenco delle opere settecentesche tutte riferibili alle botteghe messinesi.

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La chiesa dell’Annunziata conserva un calice del 1724 con l’immagine della titolare realizzata a sbalzo sulla coppa. All’anno seguente è ascrivibile il monumentale ostensorio con l’immagine a tutto tondo dell’Annunziata con la raffigurazione sulla base delle tre virtù teologali.

Altri ostensori sono stati catalogati in Chiesa Madre, a S.Sebastiano, nelle chiese ex conventuali della Madonna della Grazia, Carmine, S.Francesco e S.Domenico, in quelle rettoriali di S.Giuseppe, del Soccorso e in quelle ormai scomparse di Gesù e Maria e S.Caterina.

Ostensori con figure muliebri sono stati rinvenuti nella chiesa di S.Domenico e Gesù e Maria. 

Tra i pochi pezzi con la punzonatura di Catania sono stati censiti un calice del 1755 custodito nella chiesa di Gesù e Maria e la croce astile “maggiore” della chiesa Madre.

Altra opera di squisita fattura è la pisside esagonale, datata 1777, proveniente dalla chiesa di Santa Caterina che richiama, nelle fattezze stilistiche, opere del tardo quattrocento. Degni di nota il calice e l’ostensorio della chiesa Madre destinati alla solennità del Corpus Domini.

Al secolo successivo sono riconducibili tre calici custoditi nella chiesa dell’Annunziata, S.Andrea e S.Domenico con base squadrata e baccellature. 

Interessante il baculo o mazza capitolare in uso al Canonico Cantore, opera questa priva di punzone ma riconducibile al 1808 anno dell’elevazione della chiesa Madre a Collegiata.

 CONCLUSIONI

Al termine del viaggio virtuale in quell’immenso museo naturale che sono le nostre chiese, risulta evidente quanto sia importante la tutela, quindi la conoscenza dei singoli manufatti unitamente alla ricerca archivistica, quale documento scientifico attestante il passato.

Una ricerca che parte da lontano a partire dalla consultazione del primo studio condotto sulle opere di arte sacra della nostra città da Laura Roggio Annino nel periodo immediatamente successivo alla fine del secondo conflitto mondiale. Negli anni recenti dobbiamo gratitudine a Roberta Romeo per la sua brillante tesi su “l’Argenteria Sacra nelle chiese di Augusta” che, anche se parziale e limitata ad alcune opere, ho personalmente sollecitato la pubblicazione sul Notiziario Storico di Augusta per permettere alla comunità locale e scientifica di conoscere per la prima volta un ricco corpus di opere della città.

Tuttavia non posso esimermi dal ricordare il lavoro che ho condotto muovendo i primi passi sul finire degli anni ottanta grazie alla preziosa disponibilità di Mons. Matteo Pino Parroco della Chiesa Madre e Arciprete di Augusta che mi diede la possibilità di esaminare, fotografare, studiare, per quanto è possibile a chi come me non ha e non può avere pretese scientifiche ma solamente animato dalla passione e dall’amore per la mia città e il suo patrimonio.

Nell’esprimere quindi la mia gratitudine (anche se postuma) a Mons. Pino, non posso non ringraziare le care Suore di S.Anna che mi permisero di fotografare, fino alla vigilia della loro partenza, gli arredi della chiesa della Grazia nonché ciò che rimane della preziosa eredità dei coniugi Parisi Zuppello-Santangelo fondatori dell’Opera Pia.

Le ricerche sono proseguite nella chiesa di S.Sebastiano grazie alla disponibilità dell’allora parroco don Franco Briganti anche se solo parzialmente a causa della chiusura al culto della chiesa e del trasferimento di tutto il patrimonio.

Grazie altresì alle Confraternite della città e a quanti hanno permesso in questi anni di continuare nel lavoro di censimento e catalogazione.

Grazie ancora alle Direzioni degli Archivi di Stato, della Curia Arcivescovile di Siracusa, alla Curia Vicariale, delle chiese parrocchiali e rettoriali, dell’Archivio Storico Comunale e soprattutto alla cara memoria di Mons. Alfredo Garsia, nostro concittadino, già Arciprete di Augusta nonché Vescovo di Caltanissetta.

Grazie ancora alla Direzione del Museo di Messina per le pubblicazioni relative alle Arti Decorative e alla Biblioteca Centrale della Regione Siciliana per le preziose pubblicazioni sulle argenterie siciliane che mi hanno permesso di documentare e attribuire numerose opere della nostra città.

Da questo primo censimento emerge una necessità, quella della tutela che non può prescindere dalla conoscenza, dalla valorizzazione, dallo studio. Tutto questo sarà possibile solamente grazie all’amore per tutto ciò che identifica la nostra città e la sua memoria.

Ripartiamo quindi dallo splendore di questi argenti affinché tornino ad illuminare con la loro preziosità il nostro cammino alla ricerca della bellezza.

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Giuseppe Carrabino