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Pubblichiamo una sintesi della lezione tenuta, presso l’Aula Magna dell’Istituto Ruiz giovedì 24 gennaio 2019, dal tema “Robinson Crusoe: un uomo dei nostri tempi", dalla Prof.ssa Maria Giovanna Sergi.


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La scelta di trattare del romanzo Robinson Crusoe di Daniel Defoe nasce dalla popolarità del romanzo in questione che a moltissimi è capitato di leggere, seppur in edizioni ridotte, da bambini. Per comprendere il romanzo, è necessario fare un piccolo cenno alla vita dell’autore.

Daniel Defoe nacque a Londra nel 1660, figlio di un piccolo negoziante, ebbe una istruzione disordinata. Viaggiò a lungo in Europa, tentò varie iniziative commerciali sempre con risultati deludenti o disastrosi: fu mercante, prima di maglieria e poi di mattoni e tegole, fece bancarotta più volte. Intorno al 1700 si stabilì definitivamente a Londra, cercando di vivere come giornalista. Prima partigiano dei Whig (di questo partito divenne consigliere), passò al partito Tory, che poi tradì diventando agente segreto al servizio del governo Whig. Fu più volte in prigione, per motivi politici e per debiti. Fondò nel 1704 e diresse «The Review», dove espresse le sue eccezionali doti di giornalismo, ciò per cui viene considerato tra i fondatori del giornalismo moderno. Intorno ai sessant'anni si distaccò progressivamente dall'attività pubblica e nel giro di pochi anni scrisse i romanzi per cui è rimasto famoso. Morì a Londra nel 1731.

Robinson_Crusoe_07E perché considerare Robinson Crusoe come Un uomo dei nostri tempi? Per ricollegare il titolo alla trattazione fatta l’anno scorso su Shakespeare. Le due conversazioni tenute lo scorso anno avevano il titolo di Shakespeare, un uomo dei nostri tempi. Ma qui è Robinson, il protagonista dell’opera, ad essere un uomo dei nostri giorni, con il suo approccio moderno e pragmatico alla vita.

Sono nato nell’anno 1632, nella città di York, da una buona famiglia, che però non era di qui: mio padre era uno straniero di Brema, dapprima stabilitosi a Hull, dove aveva fatto fortuna in affari: poi s’era ritirato dal commercio venendo a vivere a York, siccome aveva sposato mia madre, una Robinson, di un’ottima famiglia del luogo; così mi chiamavo Robinson Kreutzner: ma per la corruzione di parole che avviene spesso in Inghilterra ora mi chiamano, ci chiamiamo, ci firmiamo, col cognome di Crusoe: come m’hanno sempre chiamato i compagni. …

Con queste parole inizia il romanzo. Un romanzo ispirato su un solido realismo, su fatti che sembrano veri – in questo l’essere Defoe un giornalista fa la sua parte - ma non lo sono.

Mio padre voleva che diventassi un uomo di legge ma io avevo un’unica passione: volevo viaggiare e soprattutto andare per mare.

Robinson_Crusoe_06Robinson Crusoe si imbarca su una nave e finisce naufrago su un’isola deserta. Comincia così la sua avventura, una sfida per la sopravvivenza diventata classico della letteratura. Inizia con un atto di disobbedienza al padre, atto di disobbedienza che nella mente puritana del protagonista, sarà vista come la causa delle sue sventure. In effetti, Defoe si ispira ad una vicenda realmente accaduta pochi anni prima della stesura di Robinson Crusoe: la vicenda di Alexander Selkirk, che visse da naufrago per quattro anni e quattro mesi, dall'ottobre 1704 al 2 febbraio 1709, dopo essere stato abbandonato dal suo capitano nei mari del sud dell’Oceano Pacifico su un'isola deserta. L'esperienza di Selkirk come naufrago suscitò molta attenzione in Inghilterra, e Defoe lo intervistò personalmente per la rivista The Review.

Mio padre voleva che diventassi un uomo di legge ma io avevo un’unica passione: volevo viaggiare e soprattutto andare per mare.

Un’idea veloce e sintetica del romanzo è data da questa clip a cartoni animati realizzata dalla RAI:

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/daniel-defoe-robinson-crusoe-un-libro-in-tre-minuti/3014/default.aspx

Si narra la storia di Robinson Crusoe, di famiglia borghese benestante, che rifiuta i consigli del padre, il quale lo invita a cercare una vita tranquilla, e, seguendo la sua più grande passione, decide di viaggiare per il mare. I primi viaggi di Robinson sembrano quasi degli avvertimenti: infatti per poco non perde la vita in una tempesta e viene ridotto in schiavitù per più di due anni. Durante la sua prigionia conosce Xury, un ragazzo che diventerà poi suo fedele servitore. Dopo essere riuscito ad ottenere la libertà, vende Xury ad un capitano nei confronti del quale è debitore, e si stabilisce in Brasile, dove acquista una piantagione di tabacco. Ma anche questa non è la vita adatta a Robinson. In seguito, decide di rimettersi in mare, ma a causa di una tempesta, finisce naufrago su un'isola deserta. Tutti i suoi compagni di viaggio muoiono annegati.

Si ritrova quindi solo su un’isola deserta, armato di tanto coraggio, della propria industriosità e della Bibbia. Attrezza la sua casa (se tale può essere definita, una capanna) con utensili ricavati dal fasciame distrutto della sua nave: uno degli scopi del romanzo è dimostrare che un uomo può sopravvivere quando ha a disposizione gli attrezzi necessari per la sopravvivenza, come il fuoco, soprattutto se armato dell’ingegnosità e dell’industriosità del colonizzatore inglese, al massimo livello nel periodo di maggiore diffusione della cultura e della civiltà inglese proprio attraverso la colonizzazione. Anche quando tutto sembra perduto, persino la fiducia, i momenti di scoraggiamento sono pochi: l’intrepido coltiva granaglie ed addomestica capre, si costruisce una casa e dei magazzini difesi da un’alta palizzata, oggetti di terracotta e abiti.

Defoe riesce a cogliere nel suo romanzo, come motivo universale, il problema dell'uomo solo, davanti alla natura e a Dio, nobilitandolo con la ragione che può, secondo i ricordi cristiani o biblici della creazione, dargli il dominio sulle cose. Ad esempio, Robinson decide di costruirsi un tavolo perché

«senza un tavolo non potevo mettermi né a mangiare né a scrivere, né fare varie altre cose con molto piacere: perciò mi misi al lavoro. E qui devo osservare che poiché la ragione è la sostanza e l'origine della matematica, così squadrando e calcolando ogni cosa con la ragione e giudicandone nel modo più razionale, ogni uomo può col tempo diventare padrone di ogni arte meccanica» Sulla falsariga di Prospero, le osservazioni di Crusoe lo portano ad aprire il libro della natura al quale Galileo Galilei prima e i gli scienziati del Settecento e dell’Ottocento dopo attingeranno per scoprire le leggi che reggono l'universo e che quindi lo controllano.

“Siffatte circostanze valsero a convincermi che la mia sorte, raffrontata a quella di certi altri, non era particolarmente sventurata, anzi, migliore di molti altri destini che Dio avrebbe potuto riserbarmi, se così Gli fosse piaciuto. Dal che fui indotto a pensare che gli uomini si lamenterebbero assai meno del loro stato, qualunque esso fosse, se sapessero paragonare la loro condizione ad altre di gran lunga peggiori della propria, e trarne un sentimento di gratitudine, invece di raffrontarla sempre a quelle migliori per farne pretesto a deplorazione e lagnanza”

Robinson Crusoe è uno scritto che rispecchia fedelmente la mentalità inglese dell’epoca, che rappresenta la dualità tra l’uomo bianco (civilizzato) e l’uomo di colore (visto come il selvaggio). Quando Defoe scrive questo capolavoro, l’Inghilterra è in pieno Illuminismo, e assiste all’ascesa dell’emergente borghesia puritana. Il modello di Venerdì, il “buon selvaggio” è stato preso come riferimento nel trattato psicologico “Emile” scritto dallo studioso francese Jean Jacques Rousseau. Quindi Robinson riesce a creare sull’isola di cui è il padrone incontrastato, con un suddito fedele, una piccola Inghilterra, un piccolo impero coloniale sulla base di quello da lui conosciuto quando era libero di andare per il mondo.

Per concludere, alcune frasi simbolo scelte dal romanzo:

«Tutti gli uomini sono nati ribaldi, banditi, ladri e assassini. Senza la potenza restrittiva della Provvidenza, nulla ci impedirebbe di mostrarci così come siamo, in qualsiasi occasione»

«Tutti gli uomini sarebbero dei tiranni se potessero»

«La paura del pericolo è diecimila volte più agghiacciante del pericolo stesso: il peso dell’ansia ci pare più pesante del male temuto»

«Noi non valutiamo mai la realtà della nostra condizione fino al momento in cui ci viene illustrata da una congiuntura diametralmente opposta, né sappiamo valutare i beni di cui godiamo fino a quando ci vengono a mancare»

«A mio avviso tutti i nostri sconforti per le cose di cui manchiamo, scaturiscono dalla nostra ingratitudine per quelle che abbiamo»

«La carità verso i poveri è un dovere, e colui che dà ai poveri presta al Signore»

«Imparai a tener conto piuttosto di ciò di cui godevo che di ciò di cui mancavo; e da queste riflessioni trassi a volte un'intima consolazione che non saprei esprimere»

E quindi Robinson ma in realtà Daniel è un uomo dei nostri tempi: pragmatico e riflessivo, ma che vede nel lavoro la realizzazione di sé stesso come uomo. In realtà questo deriva molto dalla sua fede religiosa, di stampo puritano. Ma questa è tutta un’altra storia, che forse un giorno approfondiremo.

Maria Giovanna Sergi
24 gennaio 2019
(vedi gli altri incontri con M. G. Sergi)

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