sabato 1 gennaio 2011

La Proff.ssa Daniela Averna durante le lezioni


"Il teorema del bello: il ruolo della matematica nelle arti"

Se la bellezza è eleganza e armonia, invero anche la matematica possiede questi attributi e se matematica è ripetizione di combinazioni date e creazione di combinazioni nuove, invero questo è il meccanismo su cui si fonda ogni elaborazione artistica; arte, matematica e bellezza sono dunque strettamente collegate in una perfetta sintesi di razionale, sensoriale e spirituale.
Il bello, sia artistico che naturale, parla al cuore e all’intelletto come filosofia e fisica, il cui intento comune è quello di indagare sulla posizione dell’uomo nell’universo; perciò esso ha una portata metafisica che ne garantisce l’oggettività, nel senso che deve esistere una “legge del bello” universale e immutabile. Espressione di questa immutabilità è l’armonia estetica di ciò che è bello e che, infatti, rimane tale nei secoli; il rapimento estatico del soggetto contemplante rappresenta un coinvolgimento nell’armonia stessa e un assaggio dell’immutabilità, che rende felici. Ecco perché il bello piace: il trasporto verso ciò che è bello dona la gioia di essere parte di qualcosa di eterno, dominando lo spazio e il tempo.
La contemplazione della perfezione di ciò che è bello conduce alla scoperta in esso di simmetrie geometriche e matematiche che portano la mente alla dimensione verticale, al trascendente; “Dio geometrizza”, diceva Platone, “la geometria è il linguaggio della natura”, asseriva anche Galilei.
"Il tempo assoluto e il tempo relativo"
L’infinito

Infinito: è difficile trovare un’idea che abbia stimolato la mente in modo altrettanto fruttuoso.
Fra tutte le invenzioni (o scoperte!) dell’intelletto quella dell’infinito è forse la più affascinante, ma se da un lato è considerata come sinonimo di perfezione e dunque lo spirito anela ad esso, dall’altro essa confonde i nostri sensi e la nostra razionalità, disorienta.
Dalla matematica alla filosofia, dalla poesia all’astronomia per secoli l’uomo ha cercato di esprimere il fascino dell’infinito anzi di conquistarlo; e in questa ricerca la creatività artistica e la razionalità matematica si fondono meravigliosamente.

Il tempo

“L’irresistibile fascino del tempo”(titolo di un’opera di Antonino Zichichi) ha da sempre coinvolto gli uomini, dal contadino, il cui lavoro è un confronto continuo con il tempo, al filosofo, allo scienziato.
Quello del tempo è tra i problemi “essenziali” ; il tempo che non passa mai troppo in fretta, questa è una bugia romantica, e neppure non passa mai, questa è una bugia esistenzialista.
Il tempo o si rivela, e allora trascorre nella sua giusta misura, o si fa enigma e allora né passa né non passa ma sparisce in un impietrimento della realtà.
Solo quando si dà “significato” al tempo, ovvero si finalizza tutto il proprio agire allora esso si rivela e diventa “storia”, anche la propria piccola storia.
Il contadino non dice che il tempo non basta mai, semmai se la prende con il tempo meteorologico; il tempo scorre per lui nella giusta maniera scandito dalle semine, dalla cura dei campi, dalla raccolta.
Per la maggior parte di noi, figli del progresso tecnologico, invece, di tempo non ce n’è mai abbastanza. Perché?
La società del progresso materiale illuminato e dei comportamenti ad “ altissima soggettività”, e invece desoggettivati e conformizzati, dà la sensazione di un tempo vertiginoso, frenetico, sempre mancante; ed è proprio così, ne siamo convinti.
La verità è che il tempo non c’è non perché non ce n’è abbastanza ma perché non c’e affatto, è sottratto a ciascuno dalla sua mancanza di cammino, di storia.
Se il ruolo che abbiamo assunto nella società non è tappa della storia che noi abbiamo costruito per noi ma di quella che ci ha imposto il conformismo e se facciamo tutto su questa base non c’è storia dunque non c’e tempo.
Prof.ssa D. Averna
La Proff.ssa D.Averna con il Respobsabile dei corsi G.Paci