05 Maggio 2011

Un divertente racconto della sua infanzia che Pippo Paci ha voluto regalarci..

    TUTTA COLPA DI GIUSEPPE GARIBALDI

altaltalt 

Miei cari amici, voglio raccontarvi  un episodio  che ho tenuto per tanto tempo custodito nella mia memoria e che desidero farvi conoscere, nello spirito e nel contesto di quell’interscambio di relazioni a cui spesso fa riferimento il nostro Presidente.                                                                               

Il 18 Aprile 1948, gli elettori Italiani furono chiamati alle elezioni per la seconda volta dopo quelle del 1946 che avevano nominato l’assemblea costituente e  deciso, con il Referendum, che l’Italia doveva essere una Repubblica.

 Allora lo scenario politico era più semplice rispetto ai nostri giorni: si contrapponevano due grossi partiti, Democristiani e Comunisti, anche se  partecipavano alle elezioni una quarantina di partiti che non contavano quasi nulla.

Io avevo 7 anni ed abitavo di fronte alla chiesa di San. Francesco. La mia era una famiglia numerosa, perché all’epoca si conviveva con i nonni e gli zii come avveniva nella  maggior parte delle nostre famiglie.

Tutti i componenti eravamo assidui frequentatori della chiesa, ma soprattutto  la nonna materna, devotissima dell’Addolorata. La mia era anche una famiglia di democristiani ed io, anche se adolescente, ero impegnato in prima linea nella campagna elettorale.

Il parroco aveva messo a disposizione delle piccole biciclette con lo scudo crociato montato sul manubrio e noi bambini ci divertivamo un mondo a scorrazzare per le strade polverose del quartiere, dove non c’erano solo democristiani ma socialisti e comunisti che  erano in maggioranza, nonostante la vicinanza della chiesa e del parroco, che non nascondeva  le sue simpatie politiche.

I manifesti erano affissi sui muri in grande quantità, i socialisti ed i comunisti si erano alleati nel “Fronte democratico popolare” e avevano deciso di schierare in prima linea il povero Garibaldi, facendolo diventare comunista e mostrando la sua effigie vicino al loro simbolo: la falce e il martello. I bambini del fronte popolare non disponevano di biciclette, ma partecipavano alla campagna elettorale con altri mezzi.

C’era insomma tra noi bambini e ragazzi molta concorrenza e rivalità. Le elezioni erano molto sentite dagli adulti che dovevano decidere del loro futuro e, fatalmente, influenzavano i nostri comportamenti. La Democrazia Cristiana vinse le elezioni con quasi il 49% dei suffragi, nonostante il voto contrario di mio nonno Francesco che si giustificò con la nonna dicendole che aveva votato per Garibaldi perché lo aveva scambiato per S.Giuseppe .

 Il fronte popolare ottenne poco più del 30% dei voti. Per la sinistra fu una sonora sconfitta e per la DC un trionfo indimenticabile. In quel tempo, bambini e ragazzi giocavano sulla strada e ne inventavano di tutti i colori.

I miei compagnetti comunisti apparentemente avevano dimenticato la sonora sconfitta elettorale, ma sotto sotto stavano preparando la loro vendetta. Eravamo nel periodo di Maggio o forse Giugno ed il clima tiepido ci invogliava a giocare fino a tarda sera, la TV non c’era e non ci mancava affatto.

Uno dei ragazzi più grandi, credo potesse avere 10 anni, figlio di un capo popolo comunista, propose una sorta di commedia che dovevamo recitare in gruppo. Lui recitava la parte di Garibaldi ferito ad una gamba in Aspromonte, due ragazzi lo sostenevano perché non poteva appoggiare il piede a terra, vicino alla porta principale della chiesa si doveva mettere un ragazzino a quattro zampe in quanto rappresentava il cavallo sul quale doveva montare Garibaldi.

Accanto al cavallo c’ero io, vittima inconsapevole e principale bersaglio di una tremenda vendetta, che incrociando le mani dovevo formare la staffa che avrebbe agevolato Garibaldi ferito a salire sul cavallo.

Gli attori eravamo tutti pronti mentre  altri ragazzini erano gli spettatori. Garibaldi si avvicinava  faticosamente  verso il cavallo, mentre tutti cantavamo:  “Garibaldi fu ferito…fu ferito ad una gamba…..Garibaldi che comanda….che comanda il battaglion…..”

Io me ne stavo disciplinatamente vicino al cavallo, dopotutto Garibaldi era anche il mio eroe, era l’eroe di tutti, anche se lo avevano fatto diventare comunista. All’approssimarsi del mio eroe, incrociai orgogliosamente le mani e la staffa era pronta.

Garibaldi poggiò il suo piede ferito tra le mie mani e salì in groppa. Sentii improvvisamente le mie mani intrise di una sostanza viscida che sembrava fango, ma era così  puzzolente che non tardai a capire che non si trattava di fango, ma di qualcosa di diverso che lascio alla vostra immaginazione.

A questo punto, grandi risate e sberleffi per me che correvo verso la vicina fontanella per lavarmi e capii che i miei compagnetti finalmente si erano vendicati.

                                                           Ricordi d’infanzia di Pippo Paci