Ringrazio il Preside Prof. Rosario Caramagno, rotariano sottoscrittore dell’atto costitutivo della nostra Associazione, e mio carissimo fratello, per quanto, con profonda umanità e saggezza, ha voluto regalarci commentando il “Cantico dell’anziano”, letto in aula dall’emerito Arcivescovo di Siracusa, Mons. Giuseppe Costanzo, in occasione del quarto incontro a tavola rotonda “sull’uomo”.

Ripropongo, per comodità del lettore, il “Cantico” e, a seguire, il detto commento.

                                                   Il presidente
                                         Giuseppe Caramagno
 
 

CANTICO DI UN ANZIANO

Benedetti quelli che mi guardano con simpatia.

Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco.
Benedetti quelli che parlano a voce alta per minimizzare la mia sordità.
Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti.

Benedetti quelli che si interessano della mia lontana giovinezza.
Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi già tante volte ripetuti.

Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto.

Benedetti quelli che mi regalano frammenti del loro tempo.

Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine.
Benedetti quelli che mi sono vicini nella sofferenza.

Beati quelli che rallegrano gli ultimi giorni della mia vita.

Beati quelli che mi sono vicini nel momento del passaggio.

Quando entrerò nella vita senza fine
mi ricorderò di loro presso il Signore Gesù.

 

QUALCHE PAROLA …….

Il cantico, molto bello nella sua essenzialità, si compone di alcuni quadretti, ognuno  dei quali mostra un aspetto particolare della vita dell’anziano illustrandola, sufficientemente.

Chiede, dapprima, che ci si accosti a lui con “simpatia”, e quindi con disponibilità e comprensione; rifiuta un dialogo fatto di consigli dati come rimprovero o intesi ad ottenere ubbidienza e sottomissione, come si evince dai quadretti seguenti.

Sa che il suo camminare è stanco, la sordità dominante, le mani tremanti.

E’ in queste condizioni che chiede simpatia, tenerezza, amore: non serve fargli premura, affidargli compiti per cui si richiede mano ferma, che – per esempio – il televisore sia messo al minimo, che mangi alla svelta, che mantenga una condizione estetica come si conviene nella società bene.

La sua condizione di “sordità” lo escludono, almeno in parte, dai discorsi del gruppo, dalla partecipazione attiva e chiede che si parli forte senza che sia costretto a dirlo; le sue condizioni sono di assoluta inferiorità e la “simpatia” può produrre le condizioni di dignità e utilizzo delle risorse di cui dispone.

Si può appellare ai successi e ai fatti salienti della propria vita e si scusa con coloro che le cose riferite conoscono, perché ripetuti altre volte; nelle sue condizioni non può avere novità.

Manifesta il suo bisogno di affetto: ha bisogno di sentirsi amato e non tollerato; comprende il suo stato di facoltà ridotte, si rende conto del sacrificio necessario a stargli vicino e chiede vicinanza, comprensione. Egli desidera essere accettato per quello che è, con i suoi limiti; a ridurlo ulteriormente incontrerebbe difficoltà maggiori. L’affetto lo riscalda, evita di sentirsi a disagio, lo fa sentire accettato e accolto, lo aiuterebbe a combattere ancora e fargli gustare il resto della vita che gli rimane.

Chiama “benedetti” coloro che comprendono questo suo stato e, in queste condizioni, gli donino almeno “frammenti” del loro tempo.

Parla con delicatezza e si riferisce a “frammenti”, pur sapendo che ha molte necessità, perché conosce il valore del tempo, eternità e non denaro,  e non desidera sottrarne alla vita di alcuno.

Ognuno ha se stesso e la propria famiglia, il lavoro, desidera dedicarne quanto è necessario per il riposo e chiede solo “frammenti”: farà quel che può da solo anche se con difficoltà, a volte grave. Egli sa contentarsi, anche di poco, e comprende la fatica altrui.

Desidera, ancora, evitare la solitudine in cui realmente è: non lo cerca più nessuno perché non può dare niente, quanto meno compagnia o contributo di conversazione. E’ difficile stargli vicino e ascoltarlo per quello che può dire; la sua compagnia ricorda lo star male e ognuno desidera godere la vita, vuole restare lontano dalla sofferenza, dalla indigenza, dal bisogno: perché passare del tempo vicino ad un anziano, che per di più sta male?

Si verifica, allora, lo stato di abbandono; non basta più la compagnia dei familiari dell’anziano; egli soffre non solo per le sue capacità ridotte, ma anche per i mali causati dalla malattia: dolori, disturbi vari per lo scarso funzionamento dei suoi organi; la presenza altrui allevierebbe la sua condizione, certamente col conforto e la solidarietà, mostrata nei suoi riguardi, spesso non dichiarata, e benedice coloro che gli stanno vicini nella sofferenza.

Un apprezzamento particolare viene riservato a coloro che lo accompagnano negli ultimi giorni rallegrandolo e accompagnandolo nei momenti del transito.

Promette: “mi ricorderò di loro presso il Signore Gesù”.

                            Rosario Caramagno