carrabino_1Un viaggio nel mistero della città sotterranea, nei suoi cunicoli, cripte e sepolture che da secoli hanno alimentato leggende e tradizioni. Il tema è stato oggetto di una specifica relazione tenuta da Giuseppe Carrabino, per l’Unitre - Università delle Tre Età presieduta dal dott. Giuseppe Caramagno, giorno 2 febbraio 2016 presso l’aula Magna dell’Istituto Ruiz.

Un viaggio affascinante quello del mistero.

Dovunque, tutto ciò che è sotterraneo, oscuro, profondo, genera mistero.

Tutti noi, almeno una volta nella nostra vita, abbiamo provato curiosità per i luoghi nascosti della nostra città. Abbiamo provato ad immaginare l’esistenza di grotte, cunicoli, cisterne e gallerie, tombe e sepolcri. Ed ancora: passaggi segreti, cripte misteriose e acquedotti dimenticati.

Tali suggestioni leggendarie sono state alimentate nel tempo da racconti orali talvolta artatamente infarciti di particolari che nell’immaginario collettivo sono assurte a verità.

La storia delle “sette belle signore” che uscivano da un foro praticato in prossimità di una edicola votiva posta sul cantonale della chiesa dei padri Cappuccini demolita nel 1933; l’anima vagante di Tulè decapitato a Terravecchia; il cavallo senza testa o, per restare sempre in tema di cavalli, quello bianco e aiutante di S.Domenico che attraversa le strade di Augusta la notte del 24 maggio, giorno in cui la città celebra la festa del patrocinio. Misteri legati a luoghi sotterranei, bui e segreti.

Ma, in effetti, esiste questa realtà sotterranea o è solamente frutto della fantasia ? Proveremo ad addentrarci nel sottosuolo della nostra Augusta per scoprire cosa si nasconde. Scopriremo l’esistenza di cunicoli, pozzi, cisterne e di cavità artificiali in genere ma soprattutto di un mondo tutto da scoprire.

C’è un “sopra” e un “sotto” in ogni città così come c'è un locale ipogeo in ogni chiesa della città. Luoghi misteriosi e permeati di forte religiosità, utilizzati come luoghi di culto oltre che come luoghi di sepoltura di confrati.

Proveremo a scendere vecchie scale in muratura per accedere al vano cripta o essiccatoio.  

Situati sotto strade e le piazze che percorriamo abitualmente, a volte ignari dei vuoti che si dipanano in lungo e in largo.

Archeologia urbana ad Augusta

A partire dall’anno 2012, grazie ad una attività scientifica promossa dall’IBAM-CNR sotto la direzione del dott. Daniele Malfitana è stata condotta una indagine esplorativa presso i Giardini Pubblici per l’individuazione del sito di età romana e medievale.

Un progetto che ha visto coinvolti allievi e studenti del corso di laurea magistrale in archeologia dell’Università di Catania, corso di “Metodologie, cultura materiale e produzioni artigianali nel mondo classico”. E’ stato possibile inserire Augusta grazie alla sensibilità del nostro concittadino Dott. Giuseppe Cacciaguerra unitamente ai suoi collaboratori Licia Cutroni, Annarita Di Mauro, Giovanni Fragalà e Giovanni Leucci. In età medievale l’area dei Giardini Pubblici rappresentava il centro della città più vicino al castello e fino al XVIII secolo essi erano occupati da due isolati di edifici. Nel 1670 essi furono demoliti nell’ambito dell’ammodernamento delle fortificazioni del castello medievale per permettere una migliore e libera linea di fuoco. Ciò decretò la definitiva scomparsa di una parte importante della città medievale e moderna, ricca di monumenti, chiese ed edifici civili. Le indagini integrate archeologiche e geofisiche hanno permesso di ricostruire la planimetria degli isolati abbattuti e di individuare alcune strutture pertinenti ed edifici ecclesiastici, confermando la presenza nel sottosuolo di un’ampia stratigrafia archeologica.

Castello Svevo

Gli interventi di consolidamento del Castello hanno permesso di far luce sulle antiche strutture medievali inglobate nelle murature seicentesche o addirittura nel contesto delle modifiche di fine Ottocento operate per la destinazione dell’edificio a penitenziario. Sono apparsi gli archi ogivali duecenteschi del cortile o più propriamente della piazza d’armi, i costoloni degli ampi saloni e in particolare taluni cunicoli che hanno da sempre alimentato la fantasia popolare. Uno di questi, identificato nella zona di ponente del castello è stato possibile studiarlo parzialmente perché andrebbe ampiamente bonificato.

Bastione Porta Madonna

Il bastione di Porta Madonna fu demolito nel dopoguerra per ampliare la sede stradale. Stiamo parlando dell’area dove esiste l’edicola votiva della prima porta di terra uscendo dalla città. Qui sorgeva la chiesa della Madonna della Grazia, antica patrona di Augusta. Scendendo, sulla destra, c’è un cunicolo che durante il secondo conflitto mondiale fu utilizzato quale rifugio per la popolazione. Un cunicolo che collega il castello (probabilmente l’ingresso è quello che è stato scoperto durante i lavori di consolidamento) con la zona attualmente in uso alla Marina Militare laddove è stata ricavata una cappella in onore di S.Giuseppe Marinarsen.

Edicola votiva Chiesa dei Cappuccini

E’ il caso dell’edicola votiva della Chiesa dei Cappuccini. Che c’entra, direte voi, un edicola votiva con i luoghi del mistero ? Per gli antichi augustani quella edicola rappresentava il mistero. Quella era la dimora delle “Belle Signore” delle “Sette Belle Signore”.

Stiamo parlando di un sito che dal punto di vista della toponomastica mantiene ancora oggi il ricordo: Cappuccini. Siamo esattamente all’incrocio di via Principe Umberto con via Generale La Ferla. In questo sito esisteva la Chiesa di S. Francesco e della Madonna degli Angeli. Fu demolita nel 1933 per consentire la costruzione del nuovo plesso scolastico che conserva proprio il nome di Cappuccini.

Il ricavato della vendita di questa chiesa servì come primo fondo per la costruzione della chiesa del S.Cuore nel rione Stazione. Pensate che dalla demolizione alla costruzione della scuola trascorsero oltre venti anni. Il lungo periodo necessario fu considerato dal popolo una sorta di maledizione lanciata dall’ultimo frate per la cancellazione del luogo di culto eretto dai Cappuccini sin dai primi anni del seicento.

Sul cantonale del prospetto, all’incrocio con l’antica via Marcello, poi divenuta via Generale La Ferla si ergeva una edicola votiva sovrastata da una croce in ferro. Questa edicola votiva era la dimora delle “sette belle Signore”.

Ma chi erano queste belle signore ? Erano l’espressione stessa del “mistero” !

Nella letteratura siciliana più volte si fa riferimento alle “Belle Signore”, dette anche “Donni di fuora, Fimmini di locu, Donni di notti (Caltanissetta, Francofonte), Donni di casa (Nicosia), Patrimi d'u locu. In Sicilia sono considerate esseri soprannaturali, un po' streghe, un po' fate, senza potersi discernere in che veramente differiscano dalle une e dalle altre.

Secondo la credenza, queste signore escono di casa la notte, non col corpo e lo spirito, ma solamente con lo spirito.

Cripte e sepolture

Dell’esistenza di cripte all’interno delle antiche chiese di Augusta eravamo certi in quanto fino al XIX secolo inoltrato era consuetudine seppellire i defunti in appositi loculi costruiti sotto la pavimentazione delle chiese.

Per i cristiani era un dovere dare sepoltura ai morti, attraverso l'inumazione, mentre i Romani usavano inumare o incenerire i corpi dei loro defunti.

Questa pratica dei romani è rimasta invariata nei secoli fino a quando Papa Paolo VI, nel 1964, riconobbe che la cremazione se non è applicata in dispregio della fede non è illecita.

E’ con l’editto di S.Cloud, a firma di Napoleone Bonaparte, che si pone fine alla sepoltura all’interno delle chiese disponendo allo scopo i cimiteri extraurbani per ragioni sanitarie.

Ma, come avveniva la sepoltura nelle chiese ?

Il cadavere avvolto da un lenzuolo veniva riposto in una cassa di legno grezzo e a sua volta inserita in una bara cosiddetta “d'apparato” rivestita di pregiati tessuti e ornamenti in legno dorato.

Diciamo innanzitutto che il funerale veniva officiato nella chiesa di appartenenza del defunto: per i falegnami o mastri d’ascia nella chiesa di S.Giuseppe; per i contadini nella chiesa dell’Odigitria, per i naviganti all’Annunziata; per i notai a S.Pietro martire, etc.

Diverso era il caso di associati a Ordini religiosi quali terziari Carmelitani, Domenicani, Francescani che disponevano di sepolture nelle chiese conventuali.

In ogni chiesa, al di sotto dell’altare maggiore, vi era la cripta o locale essiccatoio, accessibile attraverso una scala in pietra.

Questo vano, propriamente detto  putridarium o colatoio a seduta è un ambiente funerario "provvisorio" in cui i cadaveri venivano seduti su appositi sedili-colatoio in muratura, ciascuno munito di un ampio foro centrale e di un vaso sottostante per il deflusso e la raccolta dei liquidi cadaverici e dei resti in via di decomposizione. Una volta terminato il processo di putrefazione dei corpi, le ossa venivano raccolte, lavate e trasferite nella sepoltura definitiva dell'ossario.

Nel putridarium, il continuo modificarsi dell'aspetto esteriore del cadavere, che cedendo progressivamente le carni in disfacimento (l'elemento contaminante) si avvicinava sempre più alla completa liberazione delle ossa (simbolo della purezza), intendeva rappresentare visivamente i vari stadi di dolorosa "purificazione" affrontati dall'anima del defunto nel suo viaggio verso l'eternità, accompagnata dalle costanti preghiere di confratelli o consorelle.

Il cadavere del defunto, avvolto da un semplice lenzuolo (il sudario), era collocato in posizione seduta in modo da far confluire gli effetti della putrefazione direttamente all’interno del foro, collegato ad una canaletta di scolo.

Il processo di sepoltura era sempre lo stesso, indipendente dalla ragione sociale.

Tuttavia, ancora nel Settecento e Ottocento, mentre l'inumazione andava sempre più diffondendosi tra le classi povere, per le élite privilegiate laiche ed ecclesiastiche rimasero in uso, accanto alla mummificazione, i colatoi per la decomposizione e scheletrizzazione dei cadaveri. Essi scomparvero solo all'inizio del XX secolo, in seguito a una più rigorosa applicazione delle norme igieniche e sanitarie. Gli ultimi corpi seppelliti sono rimasti nel primo vano, l’essiccatoio senza alcuna successiva destinazione nelle specifiche sepolture.

Mi piace in questa occasione proporre una riflessione sull’interesse della comunità scientifica nei confronti di queste tematiche non solo dal punto di vista archeologico ma anche per quanto attiene la PALEOPATOLOGIA che è la scienza che studia i corpi mummificati e i resti umani, per comprendere le condizioni di vita, l’alimentazione, la salute e le malattie degli uomini del passato.
Un approccio bioarcheologico tra storia, paleopatologia, antropologia fisica e scienza medica.

Chiesa Madre

E’ il caso dell’indagine scientifica condotta con l’ausilio del GPR, comunemente noto come georadar, che ha permesso, grazie all’ammissione nel sottosuolo di onde elettromagnetiche “sparate” tramite un antenna alla frequenza di 500 MHz e la successiva riflessione – di documentare la presenza di murature e strutture complesse (quali volte e archi sottostanti il piano del transetto) ma anche il quadro dettagliato delle sepolture esistenti all’interno della chiesa con i potenziali sviluppi e collegamenti interni ed esterni. Una dettagliata ricostruzione che in effetti ha messo in evidenza un grande vano esistente sotto il piano del transetto.

Naturalmente si tratta di una parte dei locali ipogei della chiesa Madre, atteso che altri vani, in parte esplorati, sono documentati e che permettono di ampliare la rete di quella realtà misteriosa che esiste sotto il piano di calpestio.

Un vano cripta esiste sotto l’altare maggiore e un altro, a poca distanza, si nasconde sotto la pavimentazione dell’attuale sagrestia. Un vano che in effetti collegava il cimiterio esterno posto in quell’area poi adibita a mercato coperto del pesce (attuale piazza Turati).

Ricorderete che qualche anno addietro i lavori furono interrotti  per il ritrovamento di antiche strutture murarie. Non fu detto abbastanza, anzi – ritengo proprio di poter affermare – che quel poco che fu detto era improprio. Si parlò del ritrovamento di un pozzo e di un collegamento con l’attiguo convento dei domenicani. In effetti furono rinvenute alcune sepolture di quello che era l’antico cimiterio pertinente della chiesa Madre. Proprio sotto l’attuale finestra della sagrestia si intravedeva un accesso successivamente murato.

Quando sul finire degli anni sessanta fu rifatta la pavimentazione della chiesa Madre con lastroni di marmo, furono rimosse le antiche piastrelle maiolicate unitamente ai chiusini sepolcrali che punteggiavano l’interno del massimo tempio cittadino. Alcune di quelle lapidi sono confluite nei magazzini comunali in attesa di una adeguata fruizione, molte altre sono servite per chiudere l’accesso ad un cunicolo sotto la fonte battesimale che porta in piazza Duomo.  

Chiesa di San Domenico

La cripta, rinvenuta negli anni Ottanta, è stata oggetto di indagine a cura della Sovrintendenza ai Monumenti di Siracusa. Dopo la rimozione dei resti umani e il loro trasferimento presso l’ossario del cimitero comunale, l’accesso al vano cripta è stato chiuso da una lastra di vetro sul piano del pavimento. Nell’area absidale sono state rinvenute due sepolture, mentre al centro vi è un corridoio che conduce alla sepolture ubicate nella navata.

Sagrestia

Altri interventi di scavo sono stati condotti all’interno della sagrestia già adibita ad Oratorio denominato del Nome di Gesù.

Piazza San Domenico

Particolarmente interessanti i lavori di indagine archeologica curati nella piazza antistante la chiesa e nell’attiguo convento.

La piazza ha restituito una parte delle strutture in pietra bianca che hanno permesso la ricostruzione dell’antica chiesa del Patrono. Durante gli scavi è emersa la cappella con la sepoltura del Notaio Leonardo Calafato del 1613 e la pavimentazione maiolicata Il rinvenimento di questa porzione di chiesa ha permesso di identificare la zona dell’abside, al di sotto del piano di calpestio del convento,  con scavi mirati in quella che era la cripta duecentesca.

Convento di San Domenico

Sempre all’interno del convento sono emerse le strutture dell’edificio preesistente distrutto dal sisma del 1693 unitamente ad una antica cisterna utilizzata come deposito durante il secondo conflitto mondiale.

Chiesa di Gesù e Maria

La Chiesa di Gesù e Maria fu distrutta durante il violento bombardamento del 13 maggio 1943. Rimase in piedi, privo di parte delle fondazioni, il campanile che fu fatto venir giù nei giorni seguenti. Negli anni settanta, durante la bonifica dell’area, furono rinvenute alcune crocette sacramentali (la chiesa di Gesù e Maria era l’unica chiesa consacrata della città), frammenti di lastre d’altare, elementi lapidei. Durante questi interventi fu ritrovata la cripta con alcuni corpi ancora sistemati nei sedili in pietra.

Chiesa di Maria SS. Annunziata

La sostituzione della pavimentazione ha permesso il rinvenimento di una sepoltura di cui era nota l’esistenza per i ricordi degli anziani naviganti. Il chiusino sepolcrale è stato trovato in perfette condizioni ed ha permesso di far luce sulla tipologia della cripta che rispecchia la struttura di altre esistenti nelle chiese di Augusta.

Chiesa del Carmine

Interessanti le scoperte effettuate nella chiesa del Carmine. L’antica parete retrostante l’altare maggiore, fu nascosta, durante i lavori della seconda metà dell’Ottocento, per consentire la costruzione del nuovo impianto architettonico. Praticamente è stata costruita una chiesa più piccola all’interno della struttura originaria. Questo intervento, di fatto, ha nascosto i dipinti parietali con putti e motivi architettonici probabilmente risalenti al periodo successivo al sisma del 1693.

                                                           

Convento dei padri Paolotti (Caserma Guardia di Finanza)

Convento dei padri Paolotti (Caserma Guardia di Finanza). Nel 1987, durante i lavori di restauro del complesso conventuale, dovendosi rifare gli intonaci, apparve una lastre di pietra con una croce incisa. Nel rimuovere il monolite fu scoperta una stanza ad elle con numerosi resti umani. Furono censiti circa centocinquanta teschi.

Chiesa del Salvatore

Nel settembre del 1910 i fratelli Ponzio Sebastiano e Giuseppe miri fabbri, trovandosi a Terravecchia nella località cosiddetta Pozzillo, per l’estrazione della pietra dal sottosuolo, la quale doveva servir loro per la costruzione delle case, rinvennero sotto gli scavi, un pavimento della estensione di circa 20 metri quadrati, il quale per la sua conformità e per il sito in cui si trovava doveva essere quello della piccola chiesa del Salvatore ivi esistente e già accennata nella storia di Augusta; infatti, secondo la dichiarazione di uno dei fratelli Ponzio, si potevano ben notare le vestigia del piccolo tempio.

Contiguo al detto pavimento, dal lato di mezzogiorno, si scopre altresì un grande masso incavato contenente circa 10 metri cubi di ossa umane, mentre poco distante dal detto ossario stanno sepolti in fila una cinquantina circa di scheletri, ciascuno giacente entro un masso di pietra incavato e disposto col capo rialzato sopra una tegola. E’ da notare che ciascun teschio conservava ancora una bianca dentatura in perfetto stato di conservazione.

Vennero pure estratti dagli scavi piccoli vasi e lucerne di creta, nonché qualche moneta di bronzo molto ossidata dal tempo.

Scavato un fosso profondo in prossimità dell’ossario, tutte le ossa vennero ivi deposte per cura degli stessi scopritori. Per altro uno di essi asserisce che il sottosuolo di Augusta è disseminato di vecchi scheletri, come ha potuto constatare durante il suo lungo esercizio di muri fabbro.

Nella stessa Terravecchia infatti, è propriamente nella località Garofalo si rinvennero pure altra diecina di scheletri, che si lasciarono sul posto, ove sta oggi il vigneto.

E non solo a Terravecchia ma anche nella stessa città, il sottosuolo è disseminato di scheletri umani: il piazzale della flora, le chiese già demolite di S.Caterina e S.Aloi, non contando delle altre, ove egli a suo tempo lasciò, contenevano ossari.

Francesco Spina, Archivio Blasco – Biblioteca Comunale Augusta 787/4

Grotta del Monaco

La tradizione locale riferisce che all’interno della grotta vi era la statua di un monaco che fissava un punto ben preciso all’interno dell’antro stesso. Alla base della statua vi era una iscrizione: la dove guardo c’è un tesoro. Il popolo credeva che li vi fosse “a truvatura”. Leggende, storie fantastiche sono state alimentate nel tempo. Un bel giorno, ad opera di ignoti, la statua fu fatta a pezzi e proprio nel punto dove era fissata sgorgò una fonte. Il “tesoro”, o la cosiddetta “truvatura” era proprio  l’acqua”.

Cunicoli Punta Izzo

L’area di punta Izzo, all’interno del comprensorio militare, presenta dei camminamenti sotterranei che collegano le batterie costiere a difesa della baia di Augusta. All’esterno vi sono delle piazzole dove durante il secondo conflitto mondiale erano collocati dei cannoni. Dopo l'armistizio gli inglesi smontarono tutte le batterie e le trasferirono in India.

Giuseppe Carrabino.

(vedi gli altri incontri di G. Carrabino)

 


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