Carrabino_Domenicani_2017E’ stata dedicata “a Sebastiano Di Grande e ai tanti fedeli e devoti che nei secoli hanno alimentato, in Augusta, la fiaccola della fede” la lezione “Domenicani in Augusta, una presenza secolare di storia, arte e spiritualità” tenuta da Giuseppe Carrabino, cultore di storia e tradizioni locali, lo scorso lunedì 13 marzo.

locandina_13_marzo_2017_carrabinoUn incontro di grande attualità - come ha tenuto a precisare - atteso che proprio nel 2016 sono stati celebrati due importanti eventi. Il primo, il Giubileo Domenicano per l’VIII centenario della fondazione dell’Ordine dei Predicatori (1216 - 2016) che proprio il 22 dicembre 2016 fu confermato da Papa Onorio III. Un momento importante per la storia città in quanto Augusta detiene il primato di poter annoverare se non la prima, una delle primissime chiese al mondo dedicate a S.Domenico.

Il secondo evento, il quinto centenario della proclamazione di S.Domenico a Patrono di Augusta sancita con atto del 5 Aprile 1516 del Notaio Bartolomeo Ferraguto.

Nella sua relazione, Carrabino ha ripercorso la storia della presenza domenicana in Augusta, un intreccio di fede, arte, e tradizioni che hanno caratterizzato e soprattutto permeato l’identità stessa della comunità civica ed ecclesiale. 

Quello che segue è parte del suo lungo, articolato e appassionato intervento.

Contesto storico e diffusione dell’ordine nel mezzogiorno.

Domenicani_2017_01L’iniziativa di S. Domenico (nato nel 1170 a Caleruega e morto a Bologna il 6 Agosto 1221)  tendente alla fondazione di un Ordine di Predicatori ebbe un iter alquanto travagliato in quanto difficile da controllare da parte della gerarchia ecclesiastica. Già nel 1215 papa Innocenzo III si era opposto alla nascita del nuovo Ordine ma con l’avvento del nuovo pontefice Onorio III, Domenico di Guzman poté coronare il suo progetto. Non è semplice seguire con precisione cronologica la nascita e la proliferazione dei conventi domenicani nel Mezzogiorno a causa del fatto che la prima menzione documentaria non necessariamente corrisponde all’anno di nascita del convento stesso. In Sicilia la tradizione attribuiva al beato Reginaldo d’Orléans, che nel 1218 vi passò di ritorno dalla Terra Santa, la fondazione di molteplici Conventi, mentre per il periodo successivo viene indicato fra Roderico Teutonico. E’ certo che i primi conventi fondati in Sicilia furono quelli di Messina, Augusta, Piazza Armerina e Palermo.

La fondazione del Convento di Augusta.

Domenicani_2017_02Se ricostruire la dinamica dei primi insediamenti domenicani in Sicilia non è compito facile, ancora più arduo è ricostruire quelle inerenti all’insediamento di Augusta. Per la comprensione delle dinamiche che interessano Augusta, torna utile un testo particolarmente ricco di informazioni pubblicato a Messina, nella Stamperia di Jacopo Mattei nel 1652. Si tratta della Quinta parte dell’Istoria di San Domenico e del suo Ordine de’ Predicatori Per D. Fra Giovan Lopez Vescovo di Monopoli del detto Ordine. Tradotto dallo Spagnuolo all’Italiano Idioma dal Padre Lettore Fra Pietro Patavino del medesimo Ordine Dedicata al molto Spettabile Signore Don Emanuello Rincon D’Astorga Barone dell’Ogliastro e Regio Secreto della Città d’Augusta in Sicilia.

Nel capitolo LX “Della Provincia dell’Isola di Sicilia e suoi conventi” trattando del Convento di Augusta, il nostro concittadino fra Pietro Pattavina offre al lettore una articolata e puntuale descrizione della città scritta con amore e passione di un innamorato della sua terra: “E la Città d’Augusta……. situata in una pianissima penisola di quest’Isola, al cui corpo sta unita, come in sembranza d’una mano, congiunta ad un braccio di terra, per dove si va alla campagna fertile di frumento, e d’oglio, ma soprattutto di generoso vino che toglie il vanto a quanti ne sa produrre la gran madre comune, o inventar l’arte di Bacho. Lo sanno Malta, Livorno, Napoli, Venezia e Roma, che sovente sogliono trasportarlo per le mercanzie i Navigli”.

La descrizione continua con l’illustrazione dell’imponente opera di fortificazione appena avviata e con l’intervento preliminare del taglio dell’istmo avvenuto proprio in quegl’anni: “E’ riuscita la tagliata la più superba fortificazione ch’abbiano mai veduto occhi di soldato più veterano”.

Il Pattavina, nel solco della consolidata tradizione locale, attribuisce al Beato Reginaldo d’Orleans l’inizio della storia domenicana di Augusta. “Autentica questa verità un annoso Cipresso che piantato dal Beato Reginaldo si chiamò sempre, e si chiama da’ popoli Augustani il legno santo del B. Reginaldo Compagno di S.Domenico”.

Per comprendere la tradizione reginaldiana legata al Cipresso occorre rammentare innanzitutto la visione che S.Domenico ebbe a Roma dei SS. Apostoli Pietro e Paolo che nel consegnarli un bastone e un libro gli dissero: “Và e predica, Dio ti ha scelto per questo ministero” e vide una fila di frati che a due a due andavano a predicare la parola di Dio. 

Il giorno dell’Assunta del 1217, radunati i suoi frati, celebrò l’Eucaristia e conferì loro il mandatoli di andare a due a due  a predicare nel mondo.

Domenicani_2017_03La consolidata tradizione di Augusta narra che S.Domenico avesse ordinato al Beato Reginaldo d’Orleans di erigere un convento domenicano in Sicilia. Nel consegnargli il bastone (simbolo del viaggio e del peregrinare, lo stesso che aveva avuto in visione) gli disse che sarebbe stato proprio il bastone a dargli il segno del luogo prescelto. Dopo lunga peregrinazione, spinto da una tempesta di ritorno dalla Terrasanta, Reginaldo si fermò nell’isola delle Palme e piantò il suo bastone. Il giorno dopo, al sorgere del sole lo vide germogliato. Questo fu il segno sovrannaturale che suggerì al frate di stabilire nel sito la prima comunità di Sicilia. Era l’anno 1218.

Una sosta fortuita (secondo la tradizione) ma che in effetti rientrava tra le tappe usuali dei navigli provenienti dall’Oriente.

A quel tempo – secondo il Cronista – Federico II aveva già disposto la costruzione del Castello e pertanto il Beato Reginaldo ritenne onorare la nuova Città con la fondazione di un Convento anche per compiacere a Federico Re di Sicilia che di li a poco sarebbe stato incoronato Imperatore.

Secondo questa descrizione, infatti - raggiunta Bologna - il Beato Reginaldo riferì Domenico di Guzman di quanto era avvenuto nel Regno di Sicilia con la fondazione di tre Conventi e che era necessario mandare alcuni Padri per l’istruzione di quei pochi novizi che egli aveva già vestito dell’abito domenicano. Fu così che il Santo Patriarca inviò una schiera di Frati in Sicilia e molti di loro nel 1219 raggiunsero anche al sito di Augusta. 

Occorre precisare che secondo le prime Costituzioni dell’Ordine, l’erezione o la fondazione di un Convento prevedeva una Comunità con non meno di dodici frati e un Priore.

Il bastone germogliato è stato identificato nel Cipresso che sorgeva nel bel mezzo del Chiostro “non come funesto annunzio di sepoltura ma quale Albero della vita e nonostante si presenti “arido e secco”, conservasi sempre viva la devozione al Santo”.

La zelo nella predicazione dei primi figli di S.Domenico si diffuse celermente unitamente alle virtù salutari dell’albero reginaldiano.

“Fede ti salva, e non legno di barca” – così recita un antico detto siciliano che sintetizza quel rapporto secolare degli augustani, dei fedeli e dei devoti che hanno avuto in qualche modo motivi per conoscere e sperimentare l’importanza di questo segno di reginaldiana memoria.

I cronisti narrano che: “spolverizzatolo in un boccon d’acqua lo bevono, anzi anticamente solo toccandolo e baciandolo, usciva virtù di sanare tutti, che di qualsivoglia sorte d’infermità fossero travagliati”.

Pellegrini e naviganti che approdavano con le navi in Augusta si affrettavano a procurarsi qualche scheggia della corteccia e la conservavano con devozione.

La costruzione del complesso domenicano

In un primo tempo i frati dimorarono in modeste casunpole del luogo, creando una sorta di hospitium solo successivamente, quando la comunità fu costituita canonicamente, fu avviata la costruzione della chiesa e del convento.

Dopo la morte e la canonizzazione di S.Domenico, i frati cominciarono a predicarne la vita e i miracoli singolari del Santo fondatore solennizzando con somma devozione la festa, non solo quella liturgica del 4 Agosto, ma anche quella della Traslazione del suo Corpo che cade il 24 maggio.

Ed in merito alla festa del 24 maggio Fra Costantino da Viterbo nel 1245 racconta di un miracolo operato proprio in Augusta. Si narra di una Donna che nel giorno della traslazione, sprezzando la Festa e cominciando a filare, ebbe ad additare un gruppo di giovinette che avevano partecipato alla celebrazioni e subito le gonfiarono in modo orribile gli occhi. Resasi conto della gravità di quanto aveva fatto e pentitasi dei suoi peccati, fu condotta all’altare del Santo e inginocchiatasi ebbe la guarigione.

Lo stesso fra Costantino racconta altro episodio di una giovinetta affetta da calcolosi e guarita per la devozione che la madre nutriva per S.Domenico.

Da queste narrazioni si evince una datazione inoppugnabile. Se nel 1245 fr. Costantino attesta due miracoli operati dal Santo in Augusta si deduce che non solo la città era già stata fondata da Federico II Imperatore, ma che il culto era già consolidato in questa città di nuova fondazione, e per essere consolidato significa che già da tempo S.Domenico era venerato in Augusta.

Se non è stato rinvenuto l’atto del XIII secolo, è invece noto l’atto del 5 Aprile 1516 quando il Santo fu proclamato Patrono di Augusta per acclamazione dei consoli delle singole corporazioni della città, praticamente i rappresentanti dei singoli organismi che costituivano la comunità locale. Unitamente alla trascrizione di questo prezioso documento si conservano le testimonianze di tanti cittadini chiamati appositamente a deporre e rendere testimonianza giurata.

 

Gli attacchi turchi del 1551 e 1594

“Raffreddati nella divozione verso del Santo Avvocato, scorrevano precipitosi per la strada d’ogni sorta di vizio, provocando co’ loro peccati l’ire del cielo. Levogli Dio la sua mano di sopra, diede la Città in poter de’ Barbari Maumettani e facendone strazio maggiore di quel di prima, l’abbruggiò, la distrusse e rovinò ogni cosa in sin da’ fondamenti, alle medesime rovine soggiaqque parimenti il Convento, portandosi i nemici fin le marmoree colonne e capitelli del Chiostro, organi e campane della Chiesa, e quanto vi fù di bello e di buono;

Altro episodio che lega Augusta al suo Santo Patrono è quello più noto del 24 maggio 1594 con la liberazione della città dai turchi che vede l’apparizione del Santo a callo e con una spada sguainata, simbolo del trionfo della parola di Dio.

La festa

Con la promulgazione del Decreto Apostolico del papa Urbano Ottavo che concedeva la facoltà “a tutte le Terre e Città della Cristianità di eleggersi ciascheduna un Santo, o una Santa per suo singolar Padrono o Padrona”, Augusta con tutti suoi Officiali e Consoli delle Maestranze confermò l’antica devozione a S.Domenico, suo speciale protettore.

L’anno 1643, con riferimento alle disposizioni pontificie, agli atti del Notaio Bartolomeo Ferrante fu confermata l’elezione di S.Domenico a Patrono della Città.

Il cronista ci offre una puntuale descrizione della festa “ideata” da fr  Domenico Cuso della Ferla che Augusta tributò a partire dal 1644 con “cavalcate per tre sere precedenti al giorno della Sollennità, con luminarie di torcie di bianca cera, e de’ Massari e de’ Clerici, e de’ Gentil’homini, oltre le Mascherate, le moresche, gli apparati, le musiche, i mortaretti, l’Artiglieria de’ Castelli, l’artifici di fuoco, la solenne Processione ove ogn’uno de’ Chierici e Religiosi accompagna la Santa Immagine di rilievo, con torcia in mano. Le maestranze con truppe di cavalli, pomposamente guernite, per terra, i marinari con una armata di barche, addobbati in forma di Galee nel mare alla spiaggia di Terra Vecchia, rappresentano il miracolo della liberazione di questa Patria, con l’apparizione di S.Domenico, ch’è un tale vestito dell’Habito Domenicano, assiso sopra un Cavallo bianco con la spada ignuda alla destra, che mette in fuga a’ nemici e si continua con tanta maestà, decoro, trionfo e applauso de’ forestieri che vi concorrono sì dalle vicine, come dalle remote Città di questo Regno".

Il terremoto del 1693.

Tra i momenti funesti che hanno coinvolto la città e il convento memorabile fu l’immane terremoto del 9 e 11 Gennaio 1693 che causò lutto e distruzione. Il complesso domenicano fu completamente distrutto. Il simulacro del Santo fu ritrovato indenne sotto le macere dopo parecchie settimane. Fu questo ritenuto altro evento miracoloso atteso che la statua è realizzata a mistura: cartapesta, sacco e gesso, materiali poveri che avrebbero potuto determinarne la distruzione. Con celerità furono ricostruiti chiesa e convento. La chiesa fu riaperta al culto il 14 giugno 1695.

Frati predicatori in Augusta.

Numerosi i frati che hanno operato in Augusta, dalla nascita alla soppressione dell’Ordine. Il fervore, la diffusione del culto e la predicazione determinarono l’ingresso di tantissimi novizi tanto che fu necessario, nel tempo, ingrandire il Convento. Pare che la comunità di Augusta raggiunse il ragguardevole numero di ben cinquanta frati.  

Secondo quanto indicato dal cronista, “i Padri del Convento di Catania, dove si distinsero nel tempo numerosi e valenti frati nelle lettere e virtù, persone di qualità in qualunque azione ch’avevano da fare, attendevano prima l’Oracolo de’ Padri d’Augusta, quali si crede fossero stati i fondatori del suo Convento”.

Se nel XIII secolo le fonti ci ricordano i nomi di Fr. Reginaldo d’Orleans e Fr. Roderico Alemanno, i secoli successivi ci permettono di fare memoria di altri benemeriti figli dell’Ordine.

Nel XV secolo e in particolare nel 1496, era priore del Convento Fr. Pietro Frixa, autore di dipinti e pale d’altare. Nel regesto del Generale Cassetta (fol. 131 del 30 Luglio 1481) si rileva che fr. Pietro Martire di Augusta, fatta la professione si recò per gli studi in un Convento fuori Provincia e che nel 1530 fu autorizzato a trasferirsi a Napoli. Rocco Pirri lo ha indicato erroneamente come Vescovo di Lucera ma in effetti incorse in errore scambiandolo con il più celebre domenicano fr. Pietro Ranzano da Palermo. Erroneamente una via cittadina del quartiere Borgata ricorda Fr. Pietro Frixa quale vescovo augustano. Un errore toponomastico !

Nel XVI secolo Padre Vincenzo Dario, uomo di molta bontà e zelo. Al termine della predicazione in Duomo fu ucciso davanti la chiesa della Nunziatella e Padre Salvatore Tringali, dotto e zelante nel suo ministero. Quando il Convento fu devastato dai turchi il 16 luglio 1551 i frati fuggirono, solamente il Padre Tringali rimase in Augusta adoperandosi per la ricostruzione riuscendovi dopo stenti e fatiche. Nonostante la ricostruzione materiale, non presentandosi nessun frate del Convento di Augusta al Capitolo della Provincia, Augusta perse il suo “luogo” e fu convenuto assegnarle il secondo. 

Nel XVII secolo si ricordano: Padre Fr. Giovan Salvo Gervaso, uomo di rigorosa osservanza e rarissimo esempio, di somma povertà e onestà e singolarissima obbedienza. Morì il 29 Ottobre 1637 e fu seppellito nel Convento di S. Domenico.

Fr. Domenico Cuso, nativo di Ferla, fratello converso del Convento di Augusta. Istituì la festa che a partire dal 24 maggio 1644 solennizzava il giorno festivo in onore del Santo Patriarca con cavalcate, musiche, fuochi e luminarie.

Padre Pietro Pattavina, nato in Augusta nel 1603. Il padre era medico ma egli all’età di 15 anni volle entrare nell’Ordine dei Predicatori. Fu consacrato sacerdote nel Convento di Catania e ben presto si palesò oratore valentissimo. Tornò ad Augusta per assumere da Priore il governo del Convento e poi fu destinato a Noto. I frati lo avevano in altissima venerazione per la semplicità dei modi, la rigorosa osservanza della regola e per la somma dottrina. Conosceva a perfezione la lingua spagnola dalla quale tradusse vari libri del dott. Giovanni Lopez Vescovo di Monopoli e di Fr. Giovanni di S.Tommaso. Occupata la città dai Francesi nel 1675 il vecchio frate andò a chiudersi nel Convento di Lentini, ove morì un anno dopo. (S.Salomone, Storia di Augusta, 1905).

Nel XVIII secolo si ricordano le figure del Padre Maestro Ludovico Salvaloco che il 2 maggio 1716 convocò il Capitolo, detto “scismatico” di Augusta, in cui venne eletto il Provinciale in persona del P. Maestro Tommaso d’Angelo.

Padre Giacinto Tristaino, nativo di Melilli. Prese l’abito domenicano nel Convento di Augusta manifestando sin dalla gioventù una intelligenza non comune negli studi che compì in S. Domenico di Palermo. Fu Provinciale dal 1742 al 1745. Nel 1748 è ancora documentato in Augusta.

Nel XIX secolo: Padre Maestro Giuseppe Liggeri. Nativo di Augusta. La sua presenza è documentata nel 1844, 1846 e durante il terremoto del 1848. Lo troviamo inoltre presente al momento dell’entrata in vigore della legge eversiva nel 1866. morì nel 1879.

Padre Vincenzo Cimbalo nativo di Augusta. La sua presenza è documentata nel 1846 e nel 1866, morì nel 1875. Sebastiano Salomone nella sua Storia di Augusta riferisce che fu predicatore Generale dell’Ordine, noto ed onorato in tutta l’isola per la genialità e l’efficacia della sua oratoria sacra.

Padre Salvatore Caltabiano, originario di Militello. Fu Priore del Convento di Augusta. Si occupò della ricostruzione a seguito del sisma del 11 Gennaio 1848.

Padre Alessandro Rossi del Convento S.Caterina di Catania, Presidente della Comunità di Augusta nel 1866.

Padre Teresio Belfiore, nativo di Augusta, era nel Convento nel 1866, morì nel 1867.

Gli Oratori

All’interno del Convento vi era un Oratorio dedicato al SS. Nome di Gesù che sorgeva in prossimità dell’attuale sagrestia. Di tale Oratorio rimane un concio in pietra bianca probabilmente facente parte dell’architrave e recuperato durante i lavori di consolidamento e restauro degli anni duemila.

La devozione al SS. Nome di Gesù è presente nell’ordine sin dalle origini.

Nel 1274 Papa Gregorio X emanò una Bolla con la quale affidava ai Padri Domenicani l'incarico di propagare tra i fedeli, mediante la predicazione, l'amore verso il SS. Nome di Gesù e manife­stare anche questa inte­riore devozione con l'in­clinazione del capo nel pronunziare il S. Nome, uso che poi passò nel ceri­moniale dell'Ordine.

Di notevole importanza la storia dell’altro Oratorio edificato per volere del Gran Maestro Isle Adam e i suoi cavalieri cacciati dalla loro base di Rodi nel 1522 dal sultano ottomano Solimano il Magnifico dopo un assedio durato sei mesi.

Tra il 1523 e il 1530 infatti, i Cavalieri non ebbero alcuna base fino a quando l'imperatore Carlo V offrì loro il feudo di Malta.

Il 15 settembre 1529 a bordo della nave ammiraglia dell’Ordine, la Caracca Santa Maria, il Gran Maestro Isle Adam entrò nel Porto di Augusta accolto dalle autorità e dalla popolazione. In Augusta rimasero circa quindici giorni non essendo questi un porto sicuro.

Quale segno di gratitudine per l’ospitalità ricevuta, il Gran Maestro fece costruire una cappella all’interno del Convento dei Predicatori. In un primo tempo la cappella fu dedicata alla Vergine e – dopo la battaglia di Lepanto del 1571 - a Nostra Donna del Rosario. Ricostruita con i fondi del convento nello stesso sito dopo il terremoto del 1693, per lungo tempo – a causa della mancanza di risorse - rimase allo stato grezzo. Interessante il testo di una lettera del 5 Gennaio 1753 con allegata la delibera di approvazione della comunità domenicana di Augusta del 2 Ottobre 1748 rinvenuta nel Fondo Blasco della nostra Biblioteca Comunale all’interno del volume “Storia cronologica della Ricetta di Malta in Augusta e dei suoi Ricevitori del Barone D. Cesare Zuppello Santangelo” dove si conservano documenti e atti della Commenda di Augusta.

Trattasi della lettera inoltrata dal Priore Padre Giacinto Tristaino indirizzata al Gran Maestro Regnante Manuel Pinto De Fonseca tendente ad ottenere il completamento dell’Oratorio a spese dell’Ordine melitense con l’impegno ad apporvi le armi gentilizie scolpite su marmo sia del gran Maestro Isle Adam che del Maestro Regnante. L’istanza mirava a garantire l’esclusiva proprietà della cappella-oratorio all’Ordine melitense a ricordo dell’edificazione da essi voluta. Dall’istanza si apprende altresì che il senese Mons. Gaspare Gori Mancini, che fu Vescovo di Malta dal 1º giugno 1722, morì nel mese di luglio 1727 in Augusta ove fu sepolto nella sepoltura dei frati predicatori, così come egli aveva disposto.

Non conosciamo l’esito di questa istanza, sappiamo invece che nel corso della seconda metà del XVIII secolo l’Oratorio fu arredato con una pala d’altare raffigurante la Vergine, S. Domenico e S.Pio V unitamente a quindici lunette raffiguranti i Misteri del S. Rosario donate da sacerdoti e famiglie più in vista della città.

L’Oratorio era la sede della Compagnia del Rosario che aveva il compito di curare il culto al Santo Rosario di Maria tanto caldeggiato ed efficacemente promosso dal sommo Pontefice Leone XIII. Nel tempo la diffusione del culto ha fatto sì che questa Chiesa venisse sempre frequentata da gente devota, in tutti i Sabati dell’anno, e in maniera particolare nei quindici sabati del Rosario che culminavano con la festa del 7 Ottobre, giorno in cui veniva condotto processionalmente il simulacro della Madonna su una base processionale indorata.

La chiesa

Domenicani_2017_04La chiesa duecentesca, quella della prima fondazione, aveva un prospetto rivolto verso il porto megarese e l’abside si trovava sotto l’attuale Convento.

Distrutta dalle armate ottomane durante l’incursioni del 16 luglio 1551 fu ricostruita nello stesso sito.

Il terremoto del 9 e 11 Gennaio 1693 distrusse la chiesa riducendola un ammasso di rovine.

Nonostante i danni considerevoli, dopo parecchie settimane fu ritrovata sotto le macerie la statua del Santo Patrono “sana ed intera”, tale ritrovamento fu ritenuto miracoloso ove si consideri che il simulacro è realizzato a mistura “sacco, gesso e cartapesta”.

La ricostruzione fu altrettanto celere e martedì 14 Giugno 1695 la chiesa fu riaperta al culto così come si  evince dall’epigrafe affissa sulla parete del Convento prospiciente piazza S.Domenico.

La chiesa attuale, ad una navata di stile neoclassico risale al periodo successivo alle leggi eversive e fu voluta sul finire del XIX sec. dal Consiglio Comunale di Augusta che ne affidò la nuova configurazione interna ed esterna all’ing. Luciano Ferraguto.

Domenicani_2017_06Ricco il corredo pittorico. Nel vestibolo vi sono le tele raffiguranti S. Domenico e S. Francesco d’Assisi e una tela ovale di piccole dimensioni, probabilmente risalente al XVIII secolo, raffigurante S. Domenico a cavallo e sullo sfondo la città di Augusta.

La prima arcata di sinistra ospita un dipinto raffigurante La Predicazione di S. Vincenzo Ferreri e a seguire una pala centinata raffigurante S. Tommaso d’Aquino.

domenicani_2017_07La quarta arcata ospita la pala centinata raffigurante la Madonna del Rosario con S.Domenico e S.Pio V. Nella stessa arcata è esposto il gruppo ligneo della Madonna del Rosario donato nel 1946 dal Rettore Mons. Carmelo Cannavà in sostituzione di un simulacro a mistura interdetto al culto dal Vescovo del tempo  Mons. Carabelli. 

La quinta arcata ospita un dipinto con espleta il tema del SS. Nome di Gesù con S.Domenico che addita Gesù Bambino, S. Pietro martire e S.Tommaso d’Aquino.

L’altare maggiore è stato realizzato nel 1925 dal marmoraio Angelo Calì di Catania in sostituzione di un vecchio altare ligneo. Sul largo rifascio della trabeazione si legge l’iscrizione: IN TE SPERAVERUNT PATRES NOSTRI ET LIBERASTI EOS. La nuova mensa coram populo è stata realizzata recuperando il paliotto ligneo dell’altare di S.Tommaso d’Aquino rimosso negli anni ’30. Anche l’ambone presenta un antico stemma domenicano, ultima e residua testimonianza dell’organo a canne settecentesco. 

Dirigendoci verso l’uscita, la prima arcata ospita un dipinto raffigurante la Crocifissione con simulacro del Cristo sovrapposto presumibilmente risalente al 1704 come si evince dal cartiglio dove sono anche riportate le iniziali I.N.R.I.

La seconda arcata ospita l’altare dedicato a S. Domenico con paliotto in stucchi che riproduce quello ligneo sostituito nel 1936. Sopra l’altare vi è la nicchia che custodisce il simulacro a mistura del Santo risalente alla fine del XVII secolo. Vi fa da sportello una pregevole tela raffigurante il Santo Patriarca probabilmente del XVII secolo.

La terza arcata ospita il pulpito in legno, opera dell’artista Fernando Stufflesser di Ortisei, commissionato nel 1936 dal Rettore Mons. Carmelo Cannavà in sostituzione del vecchio pergamo in pietra.

La quarta arcata ospita la pala centinata raffigurante nella parte superiore la Pentecoste, e in basso Sant’Agnese da Montepulciano con un agnello in braccio, Santa Caterina da Siena coronata di spine e col cuore in mano e Santa Rosa da Lima col giglio.

La quinta arcata ospita un dipinto raffigurante S. Giacinto da Cracovia.

Volgendo lo sguardo verso la volta della navata si nota un maestoso lampadario donato agli inizi del secolo dai salinari della città.

Pregevoli altresi le due acquasantiere in marmo rosso di Taormina donate dal sergente maggiore don Justo De Paredes nel XVIII secolo.

In sagrestia, oltre ai dipinti raffiguranti la Beata Giovanna di Lusitania, S.Marco e S.Matteo evangelista, si conservano altresì un braccio reliquiario con spada d’argento; la chiesa e il giglio a corredo del simulacro, due ostensori, un incensiere, navetta, tre calici e una croce astile in argento.

Ed ancora apparati in seta, drappo e lamia d’argento. Una cappella completa di lamia bianca intersecata a fiori d’oro, una tovaglia ricamata in oro su rete, un guidone ricamato in oro e seta policroma con S.Domenico a cavallo.

Rendite, censi e gabelle.

Da una nota compilata dal Priore nel 1780 e custodita nell’Archivio Blasco, vol. 786/I rileviamo l’elenco delle rendite che annualmente esigeva il Convento di S.Domenico.

Il totale delle rendite era pari a 1.086 onze, tarì 24 grana 3, piccioli 1 distribuiti in censi perpetui e bullali, gabelle di case, magazzini e terre; frumento dal sito di Sabella (donata al convento da conte Landogna nel XIV secolo) e vini scelti prodotti in proprio.

Per aver un quadro attuale del valore delle rendite basti pensare che un tarì d’argento era pari a 6 euro e un onza d’argento pari a 180 euro. Pertanto le rendite del Convento erano pari ad oltre 195.000 euro annui.

Soppressione

Con il regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866 entrò in vigore la legge eversiva dell’asse ecclesiastico che di fatto negava il riconoscimento (e di conseguenza la capacità patrimoniale) a tutti gli ordini, le corporazioni, e le congregazioni religiose regolari, ai conservatori ed i ritiri che comportassero vita in comune ed avessero carattere ecclesiastico. I beni di proprietà di tali enti furono soppressi e incamerati dal demanio statale, e contemporaneamente venne sancito l'obbligo di iscrizione nel libro del debito pubblico di una rendita del 5% a favore del fondo per il culto (in sostituzione della precedente cassa ecclesiastica del Regno di Sardegna).

L’applicazione della legge in Augusta coinvolse i cinque conventi maschili (frati predicatori di S.Domenico, Osservanti della Grazia, Cappuccini di S. Francesco, Paolotti di S.Francesco di Paola, Carmelitani e il monastero femminile delle benedettine. 

Al momento dell’applicazione della legge il Convento contava quattro frati. Il 22 Ottobre 1866 il Consiglio Comunale deliberò di chiedere all’Amministrazione del Fondo Culto i locali del Convento per alloggiarvi l’Ufficio di Pretura, quello Telegrafico e la Conservatoria Notarile, oltre all’Ufficio del Registro.

Dopo alterne vicende il 28 Aprile 1871 il Consiglio Comunale approvò l’atto di cessione e consegna dell’intero fabbricato dell’ex convento, compresi i bassi già affittati come magazzini e botteghe. Formalizzata la cessione dei locali il Convento fu destinato a sede della Scuola Tecnica ginnasiale (Avviamento)  istituita con Delibera del 9 ottobre 1879.

A seguito della nuova destinazione furono operate gravi manomissioni con la demolizione di pareti, creazione di nuovi ambienti e perfino i medaglioni sovrastanti le celle dei frati, raffiguranti santi e beati dell’ordine, furono inalbati con latte di calce.

Per un breve periodo allo scoppio della guerra italo-turca il Convento ospitò il Comando Piazza e 250 artiglieri delle locali batterie.

Dal 1934 l’edificio tornò ad avere una esclusiva destinazione scolastica unitamente al piano terra, salvo le botteghe in affitto e l’antico Oratorio del Rosario destinato invece alla Banda musicale cittadina.

Da allora e sino agli anni Ottanta detta destinazione ha interessato le scuole medie inferiori, l’Istituto Tecnico Industriale e infine l’Istituto Orso Mario Corbino.

Per quanto riguarda la chiesa, in conformità agli articoli di legge che prevedevano l’officiatura a carico dell’Ente locale, Il Comune si impegnò ad assicurarne il culto, anche in considerazione che trattavasi della Chiesa del S.Patrono.  Ad oggi la rettoria della chiesa è affidata al clero secolare.

Cosa rimane della presenza domenicana ai giorni nostri

Rimangono i frutti di otto secoli di predicazione che si esprimono nel culto, nell’arte, nella tradizione, nella spiritualità domenicana che comunque è divenuta parte determinante dell’identità locale.

E’ certo che i primi anni dell’Ordine domenicano, furono di un ritmo particolarmente incalzante non solo nella quantità delle vocazioni e dei conventi, ma anche della varietà degli impegni nel mondo e nella società.

Una varietà di coinvolgimenti che solo la carismaticità dei frati che avevano conosciuto il fondatore, o che erano stati a diretto contatto dei suoi compagni, poté gestire e valorizzare al meglio.

Di questo momento magico dei primi anni poté godere anche la nostra Augusta sin dal momento della sua fondazione.

Per quanto abbiamo detto certamente la presenza domenicana in Augusta ha origini molto antiche e riconducibili alla volontà del fondatore. La stessa chiesa è quindi una delle prime al mondo dedicate al S.Patriarca.

Il secolo appena concluso ha registrato la nascita di qualche vocazione domenicana al sacerdozio, quella di fr. Alessandro Russo e  fr. Ludovico Solano; l’altra, quella del giovane fr. Giordano Passanisi (1919-1937), si è conclusa prematuramente.

L’alba del nuovo millennio ha visto la consacrazione all’Ordine di fr Michele Domenico Maria Spinali formatosi nella comunità dei padri cappuccini del Soccorso e consentitemi nostro fratello della Confraternita di Maria SS. Odigitria.

Allo zelo dei tanti frati che qui hanno operato, al servizio dei tanti rettori ecclesiastici che ne hanno raccolto il testimone, dobbiamo un culto radicato nel cuore di tante generazioni di augustani, dobbiamo un magnifico tempio arredato con pregevoli tele e pale d’altare, argenterie, parati sacri.

Resta una fiaccola con una fiamma flebile, una fiamma che deve essere alimentata per riaccendere quell’ardore che ha caratterizzato lo spirito evangelizzatore e missionario dei predicatori di tutti i tempi.

Giuseppe Carrabino. (vedi gli altri incontri con G. Carrabino)

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